Rieti, viale Kennedy abbandonato, marciapiede incompleto, sporcizia e pozzanghere: de Lellis vietato ai pedoni. Foto

Un pedone cerca di raggiungere il De Lellis da viale Kennedy nonostante il marciapiede impraticabile
RIETI - Sporcizia, immondizia, abbandono. Perdete ogni speranza o voi che camminate verso il De’ Lellis. Già, perché avvicinarsi a piedi all’ospedale...

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RIETI - Sporcizia, immondizia, abbandono. Perdete ogni speranza o voi che camminate verso il De’ Lellis. Già, perché avvicinarsi a piedi all’ospedale reatino è come attraversare un girone dantesco e ci vorrebbe un traghettatore per poter evitare quantomeno di sporcarsi scarpe e vestiti.

 
Una situazione indegna di un paese civile e di quello che, in quanto unico ospedale della zona, dovrebbe essere una piccola bomboniera. Invece non è così e la situazione degenera quando, come negli ultimi tempi, si passano intere giornate sotto la pioggia.

Le foto pubblicate sono state scattate martedì mattina, nel tratto di viale Kennedy che viene percorso da migliaia di persone ogni giorno. Nei mesi scorsi iniziarono i lavori per la realizzazione di un marciapiede e di un passaggio pedonale che consentisse a chi parcheggiava nell’area privata lungo la strada di raggiungere senza problemi l’ingresso dell’ospedale. Molti malignarono su quell’opera, ritenendo che si trattasse di un modo per ridurre le aree parcheggio lunga la strada e obbligare gli utenti ad andare nel tanto contestato parcheggio a pagamento di via Baroni.

Le polemiche per quell’infrastruttura, la lotta contro la scelta del Consorzio Industriale condotta dal Comitato nato spontaneamente e le polemiche politiche sulla tariffazione hanno allontanato l’attenzione dal marciapiede di viale Kennedy. Chi non si è dimenticato di quel progetto, invece, sono i pedoni che ogni giorno sono costretti a fare lo slalom tra buche, pozzanghere e automobili in transito. Intanto nello scavo per il marciapiede si accumulano rifiuti di ogni tipo. Alla faccia della pulizia, dell’igiene e dei servizi per i cittadini. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero