Rieti, il vescovo Pompili per il Te Deum: «Sguardo di fiducia e niente paura di chi fugge da guerra e fame»

Il vescovo Domenico Pompili
RIETI - Il vescovo di Rieti Domenico Pompili richiama al dovere dell'accoglienza verso chi fugge da guerra e fame. Lo fa nell'omelia in occasione dei vespri...

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RIETI - Il vescovo di Rieti Domenico Pompili richiama al dovere dell'accoglienza verso chi fugge da guerra e fame. Lo fa nell'omelia in occasione dei vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio e del Te Deum per ringraziare dell'anno appena trascorso, celebrati nella Cattedrale di Rieti l'ultimo giorno dell'anno.


L'OMELIA DEL VESCOVO

“Per riscattare quelli che erano sotto la legge”. Così Paolo definisce la missione del Figlio che nasce da una donna. La legge, cui si riferisce l’Apostolo è quella di Israele che ai suoi occhi invece di rendere liberi faceva schiavi. Oggi c’è un’altra legge che va imponendosi come mentalità diffusa: quella che vede nell’altro solo un pericolo da cui difendersi. In particolare – come scrive papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace che consegnerò al Sindaco che ringrazio per la sua presenza – “si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio”. In gioco c’è, ancora una volta, la libertà di ciascuno, da cui dipende peraltro la pace di tutti.

Nessuno sottovaluta l’impatto di nuovi arrivi, peraltro sensibilmente diminuiti rispetto allo scorso anno, e nessuno intende sottrarre a chi governa il compito di stabilire i flussi. Come cristiani però ci è chiesto di avere uno sguardo di fiducia e non di paura verso questo fenomeno. E’ una sfida da affrontare e non da censurare. Ciò concretamente significa “accogliere, proteggere, promuovere, integrare”. ‘Accogliere’, anzitutto, chi fugge dalla guerra e dalla fame senza dimenticare che è già capitato anche a noi. ‘Proteggere’ significa curarsi di donne e bambini che si trovano esposti a rischi e ad abusi che arrivano fino alla schiavitù. ‘Promuovere’ vuol dire garantire l‘accesso all’istruzione così da mettere a frutto le proprie capacità ‘Integrare’, infine, significa permettere a chi viene da noi di essere nella condizione di poter restituire quanto ricevuto. E’ difficile capovolgere la mentalità diffusa che ci sta trasformando in impauriti spettatori perché abbiamo ingerito a dosi massicce quella globalizzazione dell’indifferenza che ci ha resi degli individui isolati, ognuno trincerato dietro le proprie residue sicurezze. Ma ci aiuta il bambino Gesù che ci viene incontro per ricordarci che nessuno è autonomo e autosufficiente, ma tutti siamo legati e la libertà non è qualcosa che l’altro mi toglie, ma qualcosa che l’altro mi regala: nessuno può liberarsi da solo, ma insieme.


Vorrei al termine di quest’anno ringraziare quanti ogni giorno, senza far notizia, fanno il loro dovere avendo maturato che non basta contestare senza costruire e vivono così la libertà: aiutando altri a crescere. E non dimentico quanto scriveva Calvino per formulare gli auguri: ”pure se le città credono d’essere opera della mente o del caso, né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura. D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda". Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero