Rieti, la prima infermiera vaccinata anticovid: «Nessun genere di problema: l’invito per tutti è a vaccinarsi».

Sara Miele
RIETI - «Il richiamo del vaccino? È previsto per il 18 gennaio: sto solo attendendo di sapere l’orario». La trentatreenne Sara Miele, infermiera di...

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RIETI - «Il richiamo del vaccino? È previsto per il 18 gennaio: sto solo attendendo di sapere l’orario». La trentatreenne Sara Miele, infermiera di pediatria, è stata la prima reatina a ricevere il vaccino antiCovid della Pfizer lo scorso 28 dicembre, giorno successivo al cosiddetto “V-Day” europeo, in cui furono somministrati in diversi Paesi i primi vaccini: per l’Italia fu allo Spallanzani di Roma. Il suo viso tranquillo e sorridente, rimbalzato su tutte le testate locali, è stato un po’ il simbolo di quella storica giornata. «Non solo ero tranquilla - ricorda Sara - ma non vedevo l’ora di farlo. Ho avuto solo un leggero indolenzimento al braccio, come per qualsiasi iniezione. Nessun edema, nessun altro disturbo, tanto che la sera stessa ho fatto il turno di notte».

L'esempio
La serenità e la gioia di Sara sono state una vera - è proprio il caso di dirlo - iniezione di fiducia anche per i più scettici. «Molto colleghi si sono sciolti definitivamente e sono stati anche loro ben felici di vaccinarsi». Ma la soddisfazione più bella, per l’infermiera, è giunta dai cittadini. «Mi è capitato di essere contattata su facebook da gente che non conoscevo, di ricevere messaggi di vario tipo e addirittura di essere fermata per strada. Tutti volevano sapere come stessi, se avessi avuto effetti collaterali: è stato bello sentirsi dire che il mio atteggiamento e la mia tranquillità hanno trasmesso forza e fiducia: mi sono sentita in qualche modo utile e addirittura una sorta di testimonial cittadina della campagna di vaccinazione». E non sono mancati gli scherzi tra amici e familiari: «Qualcuno mi ha chiesto se ora riesco ad accendere gli elettrodomestici con la mente. Dopo tanti mesi difficili, abbiamo sdrammatizzato ridendoci su. Ma la strada è ancora lunga, e l’unico mezzo che abbiamo per percorrerla è il vaccino: pertanto, quando arriverà il nostro turno, facciamolo tutti». 

 

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Il Messaggero