La Fondazione Varrone per l’Università: «Il nostro impegno per Medicina a Rieti»

Il presidente Mauro Trilli
RIETI - Gli assetti e le relazioni tra Università e città hanno finalmente cambiato passo ma non è cambiata l’attenzione della Fondazione Varrone al...

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RIETI - Gli assetti e le relazioni tra Università e città hanno finalmente cambiato passo ma non è cambiata l’attenzione della Fondazione Varrone al processo di strutturazione del Polo universitario reatino che viene considerato decisivo per la crescita del sistema culturale, formativo e socio-economico del territorio. 


«Mentre continuiamo a sostenere la Sabina Universitas nella sua attività di erogatore di servizi, onorando una partecipazione al consorzio che dal 2005 ha visto la Fondazione investire oltre 8 milioni di euro, in questi mesi abbiamo avviato una interlocuzione diretta con la Sapienza di Roma per quelle che sono le esigenze più pressanti della Facoltà di Medicina – dice il presidente Mauro Trilli – Non si parla più di fondi per finanziare corsi accademici ma di spazi idonei a garantire l’attività didattica, di ricerca e amministrativa dei nuovi corsi già programmati per Rieti». 


A riguardo, la Sapienza ha lanciato nell’ottobre scorso un Avviso pubblico finalizzato alla ricerca di immobili in locazione a cui la Fondazione Varrone ha risposto indicando l’ex Bosi (i locali utilizzati fino al 2022 come hub vaccinale) e il polo culturale di San Giorgio (la biblioteca e il complesso accanto all’ex chiesa). Entrambi gli immobili sono stati ritenuti di interesse dalla Sapienza. 


«L’ex hub vaccinale è attualmente utilizzato in comodato gratuito per le necessità del Centro di ricerca del Dipartimento di Medicina. Per la locazione del polo di San Giorgio stiamo vagliando e perfezionando gli aspetti amministrativi – precisa il presidente Trilli – Parliamo di locali che vanno adeguati alle esigenze didattiche e questo richiederà un supplemento di sforzi alla Fondazione e un’adeguata considerazione della Sapienza. Ma da parte nostra c’è tutto l’interesse a ridare piena vita a spazi nati come officine culturali a servizio della città e che troverebbero nell’Università la loro migliore destinazione». 

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Il Messaggero