RIETI - “Domani saremo a Roma per incontrare i vertici del Ministero dei Beni culturali predisposti dal ministro Franceschini ad intervenire nelle zone terremotate per...
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“Questi sono giorni in cui bisogna pensare alle persone prima che alle cose - spiega la direttrice - ma poi bisognerà mettere in sicurezza le strutture monumentali. Impossibile entrare in una chiesa con il pericolo che una parete ti possa crollare addosso. Poi inizieremo a lavorare noi, mettendo in comune i dati che abbiamo archiviato nel corso degli anni e che compareremo con quelli degli archivi della Curia e delle soprintendenze. Dobbiamo fare una mappatura dei beni danneggiati e procedere con criteri scientifici agli interventi. Per esempio, a tale proposito, l’archivio storico della Curia di Rieti è ricchissima di dati tecnici con tanto di relazioni e fotografie che l’ufficio predisposto ha catalogato nel tempo. Sarà una fonte utilissima per il recupero dei beni ed il loro successivo ripristino. Perchè vogliamo assolutamente che le opere tornino nei paesi d’origine. Come le persone. Perchè anche le opere d’arte fanno la storia e il senso aggregativo della comunità.”
La prima fase operativa sarà quella di prelevare le opere d’arte e portarle in luoghi sicuri. “Il museo di Rieti potrebbe offrire lo spazio di deposito di quello che si potrà recuperare - afferma Roberto Lorenzetti, direttore dell’archivio di stato del capoluogo- Per gli archivi, prosegue il Direttore, la questione è più complicata perché a parte gli storici per i quali sono riuscito a trovare un posto da me, ci sono gli altri, ospedale, scuole, comuni ecc., per i quali la procedura è piuttosto articolata. Stiamo cercando degli spazi nelle caserme.” Un esempio concreto ci viene proprio dall’Archivio reatino: All'Archivio di Stato di Rieti, conclude Lorenzetti, stiamo restaurando da tempo cinque registri dell'archivio storico di Amatrice. Erano i pezzi più malmessi di quell'archivio ma rischiano di restare l'unica memoria storico-documentaria di Amatrice. Chiaramente speriamo di sbagliarci e che possano essere recuperati il maggior numero di registri e faldoni dai rispettivi archivi.” Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero