Rieti, due rapine allo stesso supermercato: condannato

Il supermercato rapinato nel 2019
RIETI - Rapine al supermarket “Tigre amico” di via Paolessi: condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione il 46enne sabino S.M.. Ieri il collegio del tribunale di Rieti...

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RIETI - Rapine al supermarket “Tigre amico” di via Paolessi: condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione il 46enne sabino S.M.. Ieri il collegio del tribunale di Rieti presieduto da Pierfrancesco de Angelis (giudici a latere Alessio Marinelli e Giorgia Bova) ha pronunciato sentenza di condanna - con il riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti - per il 46enne ritenuto responsabile delle due rapine messe a segno nel quartiere di Regina Pacis al supermercato Tigre che - il 4 e il 23 aprile 2019 - fruttarono complessivamente un bottino di circa 6mila euro al termine di due blitz durati pochi istanti.

La dinamica


Con il volto completamente travisato da occhiali, cappuccio e scaldacollo, armato di un grosso coltello da cucina, il rapinatore aveva agito con lo stesso modus operandi in entrambi gli episodi, puntando la lama contro le cassiere di turno per farsi aprire il registratore elettronico di cassa e arraffare i contanti all’interno. I due colpi furono consumati in orario prepomeridiano con scarso afflusso di clienti. Il Pm Lorenzo Francia aveva sollecitato una condanna a 5 anni mentre la difesa dell’imputato l’assoluzione «per insufficienza di prove», trattandosi - come ribadito in fase di arringa - «di un processo in cui si parla solo di indizi e mai di prove, con evidenti carenze nelle risultanze delle indagini». Indagini che, nell’immediatezza dei fatti, furono condotte dalla III Sezione antirapina della Squadra mobile di Rieti e che avevano visto convergere su S.M. numerosi elementi di rilievo. Una serrata attività investigativa per la Mobile reatina guidata dal dirigente Antonella Maiali, basata su intercettazioni telefoniche, aggancio di celle di telefonia mobile, esami antropometrici e comparazioni biometriche compiute dalla Polizia scientifica, analisi dei filmati del circuito di videosorveglianza esterno e interno al supermarket per analizzare le fasi della rapina, nonché altri elementi quali un’andatura leggermente claudicante e incerta e la persuasione che il rapinatore fosse verosimilmente mancino (il coltello utilizzato per le rapine è sempre brandito con la mano sinistra). «Un quadro indiziario soddisfacente per ritenere l’imputato responsabile delle due rapine - ha ribadito il Pm Francia nella sua requisitoria - non vi è infatti un solo elemento indiziario eccentrico o distante dal quadro probatorio», per poi passare in rassegna la congruenza degli elementi indiziari: la leggera zoppìa, le comparazioni biometriche su altezza, fisico e modo di camminare, il coltello sempre nella mancina tranne che per un passaggio di mano, la Toyota Yaris di colore grigio notata in zona prima delle rapine a bordo della quale si sarebbe poi dileguato. Diversa la linea difensiva, che ha esposto una tesi in cui sono state messe in evidenza presunte carenze nelle indagini: la coincidenza con la presenza in zona di una Toyota Yaris grigia quando al contrario alcune testimonianze oculari avrebbero visto il rapinatore fuggire a bordo di un’auto verde («una pista poi mai battuta», ha ribadito il legale di fiducia) e poi una errata interpretazione della geolocalizzazione attraverso l’aggancio di celle telefoniche in quanto l’imputato era solito accompagnare la propria fidanzata a Rieti per poi dirigersi in altre zone cittadine o in Sabina fino alla messa in evidenza di un passaggio della relazione investigativa di polizia in cui viene affermato che il coltello era impugnato con la mano destra smentendo quindi la tesi del rapinatore mancino.

 

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Il Messaggero