Rieti, ristoratore rapinato: stranieri nella banda

Carabinieri
RIETI - Fanno quasi più male l’agguato, l’aggressione, la violenza morale e psichica subita che i tanti colpi ricevuti. Che pure sono stati davvero tanti....

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RIETI - Fanno quasi più male l’agguato, l’aggressione, la violenza morale e psichica subita che i tanti colpi ricevuti. Che pure sono stati davvero tanti. Soprattutto, in viso. Sferrati con il calcio di una pistola da uno dei tre banditi, mentre un altro cercava di tenerlo fermo il più possibile e il terzo ripeteva, quasi ossessivamente, di rilevargli dove teneva in casa preziosi e denaro. L’unico che ha parlato nella rapina andata in scena giovedì notte, intorno alle 11, presso l’abitazione di Sandro D’Emidio, il 50 enne ristoratore di Frasso Sabino, titolare de La Nuova Siesta di via Mirtense. L’unico che ha parlato e che non avrebbe rivelato particolari inflessioni dialettali, stando alle prime risultanze raccolte dai carabinieri del comando provinciale di Rieti che coordinano le indagini. Muti gli altri due. Esecutori materiali di una violenza inaudita e, forse, “vulnerabili” sotto il profilo della parola. Probabilmente stranieri.


Un incubo più lungo dei circa venti minuti in cui il tutto si è consumato. Venti minuti circa, durante i quali Sandro D’Emidio è riuscito, con straordinaria resistenza, a non cedere, a non rilevare nulla, fino a divincolarsi e far desistere i banditi dall’andare oltre. Banditi che si sono dovuti accontentare dei pochi euro spicci che il ristoratore aveva nel portafogli. L’uomo, dato l’allarme, è poi stato trasportato e ricoverato in ospedale a Rieti, dove gli sono stati applicati decine di punti di sutura al volto e, in particolare, nelle arcate dentali, letteralmente spaccate dai colpi ricevuti. 
Si sta delineando anche nei particolari il quadro di quanto accaduto giovedì notte nel piccolo comune sabino. Le indagini, condotte dai carabinieri del comando provinciale di Rieti, stanno proseguendo senza sosta per tentare di capire cosa sia precisamente accaduto e risalire agli autori di una rapina efferatissima, di cui nel paese non si era mai avuta memoria alcuna. 

Gli inquirenti, al lavoro anche ieri, sono alla ricerca di elementi sulla banda che ha architettato il colpo, anche analizzando gli archivi delle rapine messe a segno in altri territori al fine di individuare eventuali analogie e, soprattutto, scoprire la provenienza dei rapinatori. Ad oggi, ripetiamo, si sa che erano in tre, tutti con il volto coperto da un passamontagna e tutti armati di pistola, una della quale utilizzata per colpire in viso e ripetutamente l’imprenditore. Soltanto uno, però, ha parlato per tutta la durata dell’agguato. Intimava all’uomo, minacciandolo, di consegnargli soldi e gioielli, mentre i complici lo picchiavano senza sosta. Ma inutilmente ai fini della rapina. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero