Maxi colpo in banca a Barcellona, parte della refurtiva trovata a Rieti. Il ricordo del clamoroso furto dell'agosto 1985

Le cassette di sicurezza della banca di Barcellona
RIETI - Quella mattina Rieti si risvegliò scoprendo di aver conquistato un posto di primo piano nella cronaca internazionale, con i titoli dei giornali italiani ed europei,...

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RIETI - Quella mattina Rieti si risvegliò scoprendo di aver conquistato un posto di primo piano nella cronaca internazionale, con i titoli dei giornali italiani ed europei, in testa lo spagnolo El País, che riportavano la notizia del ritrovamento, avvenuto in un appartamento del capoluogo sabino, di una parte del bottino frutto del clamoroso furto commesso a Ferragosto a Barcellona, dove un gruppo di uomini d’oro scavò un tunnel, partendo dalla rete fognaria, per raggiungere la stanza blindata dove c’era il caveau del Banco Hispano Americano, aperto con la lancia termica. Una volta entrati, i banditi forzarono oltre mille cassette di sicurezza, svuotandole del prezioso contenuto, circa 12 miliardi, solo in parte recuperato. Era il 30 agosto 1985, e la notte precedente gli uomini della Criminalpol, diretta da Nicola Cavaliere, e quelli della squadra Mobile di Rieti, guidata da Giovanni Grella, avevano ritrovato in una casa del quartiere Molino della Salce, abitata da una coppia di coniugi (un operaio edile in pensione e la moglie casalinga), una valigetta “24 ore” piena di soldi (pesetas, dollari, lire, franchi francesi, marchi, fiorini) e zaffiri prelevati dalle cassette della banca iberica, in uno di quei colpi che, ancora oggi, viene ricordato come tra i più clamorosi della storia messi a segno.

Quell’operazione rappresentò l’epilogo di una retata più ampia, che portò la polizia italiana ad arrestare in diverse città gli altri componenti della banda, formata da “cassettari” romani e alcuni spagnoli. Tra loro, la nipote di 39 anni dei coniugi reatini, compagna dell’ideatore del colpo, un esponente di spicco della malavita capitolina, che aveva lasciato nell’abitazione degli zii la valigetta, con la scusa di dover custodire documenti importanti in un luogo sicuro. Il pensionato e la moglie non si insospettirono, si fidavano della donna e solo quando i poliziotti forzarono la serratura a combinazione della valigetta si resero conto della realtà.

L'inchiesta

Una buona fede che, però, non evitò alla coppia il coinvolgimento nell’inchiesta dalla quale, peraltro, usci con il minimo danno ma, soprattutto, con il riconoscimento della totale estraneità rispetto alle responsabilità della nipote, condannata a tre anni di reclusione nel 1986, insieme agli altri componenti della banda, ai quali furono inflitte pene più pesanti per associazione a delinquere. Buona parte del bottino non fu mai rintracciato e la valigetta di Rieti, insieme a 25 chili di preziosi recuperati dalla polizia spagnola interrati non lontano dalla sede del Banco Hispano Americano, resta il ritrovamento più importante legato al furto del secolo.
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Il Messaggero