Rieti, rifiuti, costi troppo elevati: raccolta differenziata al palo

Cassonetto nella zona di Castelfranco
RIETI - Il recente episodio dei cassonetti per la differenziata di Castelfranco sostituiti con il vecchio bidone nero riapre la questione della raccolta differenziata a Rieti. Il...

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RIETI - Il recente episodio dei cassonetti per la differenziata di Castelfranco sostituiti con il vecchio bidone nero riapre la questione della raccolta differenziata a Rieti. Il “porta a porta” inizia alcuni anni fa in forma sperimentale a Campoloniano ed è stato poi esteso ad altri quartieri della città. Ma nel centro storico e nelle periferie è fermo al palo. Nonostante ciò, secondo gli ultimi dati disponibili, la differenziata è al 60 per cento e Rieti si conferma primo capoluogo del Lazio. Un buon risultato se si pensa che all’inizio non arrivava nemmeno il 20 per cento ma ancora inferiore all’obiettivo del 65% che molti comuni italiani avrebbero dovuto raggiungere da anni. E allora perché non continuare ad estendere il servizio? La domanda Il Messaggero l’ha girata al presidente dell’Asm, Vincenzo Regnini.«Abbiamo in mente di completare il ciclo – risponde –, ma per fare ciò c’è bisogno di una compatibilità economica. Bisogna abbattere i costi. Quando l’Asm sarà in grado di fare tutta la filiera allora si potrà passare ad una implementazione del servizio».


LE CIFRE
Ad oggi l’ente guidato da Regnini trasporta l’umido negli impianti di Aielli (Avezzano) e di Terni a un costo di 91,50 euro a tonnellata. In Umbria finiscono anche carta, plastica, vetro e alluminio. Mentre l’indifferenziato va trasportato nella discarica di Viterbo a un costo di 119,50 al quintale. A Roma e Latina vanno le lampade al neon e i piccoli elettrodomestici. Tutto ciò per il numero uno dell’azienda di igiene urbana ha un costo di trasporto e smaltimento notevole. E allora che fare? «La soluzione – ribadisce Regnini – è dotarsi di un proprio impianto di smaltimento rifiuti».

IL REMAT

Il Comune e Asm – come annunciato da queste colonne – stanno lavorando a Remat (recupero materiale), un impianto innovativo da realizzare nel vecchio sito di stoccaggio di Casapenta e per il quale l’azienda ha già avuto le autorizzazioni necessarie. «In effetti – spiega Regnini – abbiamo ultimato l’iter autorizzativo. Ora abbiamo trovare i fondi necessari per completare l’opera». Il costo preventivato è di circa 12 milioni di euro, ma come già detto in altre occasioni l’intenzione sarebbe quella di sfruttare i fondi europei messi a disposizione per questo tipo di opere, ma Regnini non esclude che si possa ricorrere a capitali pubblici e privati. Ma come funziona Remat? L’impianto si occuperà soprattutto della divisione a valle della parte non organica del rifiuto urbano (vetro, ceramica, cartone, plastica eccetera), mentre per il cosiddetto umido si seguirà i canali tradizionali di smaltimento. Non solo. Sarà dotato di lettori ottici che individueranno i rifiuti, separandoli e stoccandoli pronti per essere riciclati. D’altra parte ad imporre anche alla città capoluogo di dotarsi di un proprio impianto è il nuovo Piano rifiuti della Regione, approvato dalla giunta ad agosto e che dovrebbe passare al vaglio del consiglio entro la fine del mese. Il piano è tassativo: ogni provincia laziale dovrà essere autosufficiente dal punto di vista dello smaltimento dei rifiuti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero