Da diagnosi malattia reumatica all'obiettivo Paralimpiadi Storia della reatina Sara a Roma

Handbike
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RIETI -  «Ho una grave forma di spondiloartrite ma ho ripreso ad allenarmi tutti i giorni: il mio obiettivo è ritornare a fare gare sportive e competere alle prossime paralimpiadi. Non riesco a correre ma vorrei gareggiare nell'handbike». Sara Severoni ha 38 anni, è nata a Rieti e da oltre 17 anni convive con una malattia reumatica. È una degli organizzatori dell'iniziativa che si è svolta oggi a Roma per celebrare la Giornata mondiale del Malato Reumatico. «Per anni - spiega Sara, presidente Associazione Laziale Malati Reumatici (Almar) - ho fatto atletica leggera e motociclismo. Ho gareggiato finche la malattia non mi ha fermato». La diagnosi di Spondiloartrite sieronegativa associata a Morbo di Crhon è arrivata all'età di 21 anni. «Ho avuto periodi molto duri all'inizio. Nei primi tre anni è stato difficilissimo fare qualsiasi cosa, a causa di emiplegie alle gambe e rallentamento al braccio destro. Non stavo in piedi». La malattia, prosegue, «è insorta senza preavviso che potesse farci pensare una patologia autoimmune di tipo sistemico. Dai primi sintomi a una diagnosi certa ci abbiamo impiegato circa due anni

ma ho avuto la fortuna di esser seguita in un centro specializzata, dove l'importanza della malattia è stata presa in
considerazione e le cure subite appropriate». All'epoca infatti, studiava in Toscana dove c'è uno dei centri specializzati in malattie reumatiche, l'ospedale Careggi. «Sono stata fortunata. Se fossi vissuta in un altro posto i tempi sarebbero stati più dilatati e chissà come starei ora».
La quotidianità delle persone con malattie reumatiche è «sofferta e difficile» ma anche chi ne è colpito, spiega Sara, «può e deve fare movimento. Lo sport però dà una marcia in più e migliora la compliance dei farmaci, perché aiuta ad arginare rigidità articolare, stanchezza e dolore. Compatibilmente con le mie condizioni mi alleno due o tre ore al giorno per superare le preselezioni alle Paralimpiadi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero