Rieti, parlano gli imprenditori reatini coinvolti nel caso Panama Papers

Nella foto Simone e Sergio Vicari
RIETI - «Non abbiamo alcun conto occulto in paradisi fiscali o depositi in società offshore». Gli imprenditori di Cittaducale Sergio e Simone Vicari, padre e...

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RIETI - «Non abbiamo alcun conto occulto in paradisi fiscali o depositi in società offshore». Gli imprenditori di Cittaducale Sergio e Simone Vicari, padre e figlio, si sono detti sorpresi nel leggere i loro nomi nella lista Panama Papers. Oggi pensionato, con all’attivo diverse consulenze nel settore dell’alta tecnologia, Sergio Vicari non è affatto preoccupato.


«L’attività giudiziaria proverà che non abbiamo soldi all’estero. Dopo l’esperienza in Francia con la Texas, nel 2009 ho riportato tutto in Italia sia attraverso bonifici sia utilizzando lo scudo fiscale». Il giovane Vicari ha vissuto in Francia 15 anni quando il padre era a capo della Texas a Nizza. «Al mio ritorno in Italia ho pagato le tasse, ho usufruito dello scudo fiscale e non ho assolutamente alcun deposito offshore, né ho mai avuto rapporti con questa società di nome Fonseca».

«Questa grande risonanza data dalla pubblicazione dei nomi – spiega Simone - fatte le dovute eccezioni, insinua nell’opinione pubblica presunzioni di reati non provati. E’ un danno grave e per quanto mi riguarda rievoca storia passate oggi risolte o in fase di risoluzione».

Il riferimento è, in particolare, a due inchieste. A cominciare da quella che vide coinvolta la società Onda Communication nella quale Vicari padre è stato consulente e solo per un anno membro del Cda senza deleghe finanziarie. All’imprenditore, in fase di indagine preliminare, vennero sequestrati beni per oltre un milione di euro, provvedimento che il tribunale del riesame ha poi annullato. Vicari mostra l'ordinanza del Tribunale di Pordenone, datata 20 febbraio 2014 e aggiunge: «I miei beni mi sono stati restituiti. Mi hanno dissequestrato tutto nel giro di una settimana perché non c’entravo nulla».


«Per quanto riguarda la questione Dicom in Sardegna – aggiunge - chiarisco che nono sono stato condannato per truffa, ma per tentata truffa e la vicenda, che vede in campo anche responsabilità istituzionali, non si è ancora conclusa». Vicari mostra l’ordinanza con la quale il Tribunale di Sassari il 30 novembre 2009 ha disposto la restituzione di  tutti i suoi beni, per un valore di 1,7 milioni di euro. Ora padre e figlio vogliono solo guardare avanti a testa alta. Un nuovo progetto vedrà impegnato Simone al nucleo industriale di Rieti, dove sta attrezzando un laboratorio all’avanguardia per la rigenerazione dei vetri dei cellulari.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero