Casaprota, Opera pia: un passato glorioso ma oggi dimenticata Le foto

Opera Pia di Casaprota
CASAPROTA - E' passato talmente tanto tempo dall'ultima cerimonia religiosa, forse trent'anni, che in paese non ricordano più il suo nome. Basta chiederlo in giro per...

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CASAPROTA - E' passato talmente tanto tempo dall'ultima cerimonia religiosa, forse trent'anni, che in paese non ricordano più il suo nome. Basta chiederlo in giro per averne una prova, dal contadino che lavora nei pressi dell'edificio alle donne che si attardano in piazza davanti al teatro.








Per alcuni è la chiesa di Santa Maria, per altri la Croce. In realtà il suo vero nome è Santa Croce ed è ciò che resta del pio agrario industriale Tommasi: una costruzione del 1600, ai margini di Casaprota, all'inizio di un possente caseggiato destinato dapprima a fattoria, poi locanda per i viandanti sui sentieri del Tancia verso il capoluogo, ed infine ad alloggio per gli orfani maschi di Casaprota e Collelungo.

Lo statuto della donazione voluta da Giuseppe Tommasi - facoltoso cittadino che fece il testamento al nipote Antonio, nel 1855 - prevedeva due clausole: la destinazione d'uso del caseggiato e l'obbligo del nipote di non immischiarsi mai con la politica. «L'Opera pia Giuseppe Tommasi rappresentò per la nostra comunità un dono salvifico - spiega il sindaco Marcello Ratini - sia per gli orfani che per l'economia di sussistenza che veniva praticata nel territorio circostante. Nell'archivio comunale sono conservati lo statuto dell'Opera ed il regolamento del 1865. L'Opera pia è stata soppressa ufficialmente nel 1963 ed è stata assorbita dalla Regione, che ha provveduto a nominare dei commissari ad ok. Ma oggi la situazione è confusa, soprattutto è difficile riuscire ad elaborare un piano d'intervento con referenti in modo continuativo. Negli anni scorsi, la stessa Regione ha finanziato con 140mila euro il restauro del tetto che ha messo in sicurezza la struttura. Il nostro auspicio, come Comune, è di poter tornare a disporre del bene per riaprirlo alla comunità». Seppur spogliata dei propri arredi e delle sue decorazioni architettoniche, la chiesa è ancora leggibilissima nei suoi tratti essenziali. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero