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RIETI - Si è spento poco prima che arrivasse il suo turno per la somministrazione del vaccino anti-covid, presso la sede del distretto mirtense. Seduto su una sedia, ha lentamente reclinato la testa, come se si fosse addormentato.
E’ morto così, nella sua Poggio Mirteto, l’ultimo partigiano sabino, Eugenio Meneghino. Aveva 97 anni ed era il presidente della sezione Anpi “Mario Dottori” di Poggio Mirteto. Da qualche tempo viveva nella casa di accoglienza Il Sicomoro di Talocci. Il destino ha voluto che per spegnersi tornasse nel suo paese d’origine, accompagnato dal personale della casa di accoglienza. Arrivato nella sede Asl del distretto mirtense, ad attenderlo c’era anche una delle tre figlie. Un saluto, l’ingresso all’interno della struttura dove si è seduto. Poi si è addormentato e dal sonno è passato alla morte praticamente in un istante. Non ha avuto neppure il tempo di atterrare l’elicottero che era stato chiamato dai soccorritori.
Se n’è andato così, in punta di piedi, il partigiano Eugenio dopo aver rivisto la sua Poggio Mirteto e riconosciuto il vecchio cinema Neroni in disuso da anni e la piazza dedicata ai Martiri della Libertà. Quella libertà per la quale aveva combattuto da giovane partigiano, “lassù in montagna”, sul Monte Tancia all’Arcucciola, nella battaglia impari contro l’esercito tedesco nell’aprile del 1944. Sui luoghi delle battaglie dell’ultima guerra alla quale Eugenio Meneghino prese parte neanche ventenne, come componente della Brigata D’Ercole-Stalin, e nei luoghi degli eccidi dei nazisti, la presenza di Eugenio durante le ricorrenze che ogni anno si celebrano sul Tancia il 7 aprile non è mai mancata, fin quando le condizioni di salute glielo avevano permesso. Le sue storie e i racconti, durante le cerimonie e negli incontri con gli studenti, hanno rappresentato per decenni una testimonianza vivente di quello che realmente accadde in Sabina durante la Resistenza.
Il web dalla notizia della morte dell’ultimo partigiano che era ancora in vita a Poggio Mirteto è stato invaso di ricordi e testimonianze di affetto.
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Il Messaggero