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RIETI - Nell’ultimo mese, tre grandi artisti sono stati ospiti del Reatino: Giulio Rapetti “Mogol”, Nicola Piovani e Angelo Branduardi, guardando in lontananza Poggio Bustone, ha avuto un ricordo per Lucio Battisti, che scompariva il 9 settembre 1998, venticinque anni fa, a soli 55 anni.
Figura ancora inesplorata, la sua, che oscilla tra chi lo descrive come un personaggio burbero, che dopo il successo prese le distanze dal suo paese natale e chi invece lo ricorda come un ragazzo gioviale e scherzoso, forse schiacciato da una fama tanto clamorosa, ma attaccatissimo alle sue origini.
Le testimonianze. Per Mogol, era un genio: «Imparava tutto in una maniera così veloce da lasciare impressionati - ha affermato a Leonessa. - Non sapeva andare a cavallo e anche lì gli riuscì tutto così semplice che ci avventurammo nella famosa cavalcata da Milano a Roma». Branduardi lo ha descritto come un artista rivoluzionario, capace di sperimentare sonorità mai ascoltate prima: «Peccato non aver mai avuto modo di incontrarlo o lavorarci - ha detto a Greccio - mi sarebbe piaciuto molto».
La manifestazione. Lo ricordano in tanti anche nel Reatino. La sua Poggio Bustone lo riscopre in una veste inedita e sconosciuta ai più, quella del Battisti pittore. Prevista per oggi una giornata organizzata da Comune e Pro loco, pensata per ricordare l’artista attraverso i suoi dipinti, conservati dal figlio della sorella Albarita, Andrea. Alle 19 si terrà l’inaugurazione della mostra delle dieci litografie dei quadri dipinti dal cantante, che verranno poi vendute a scopo solidale, con i proventi che andranno a finanziare un’associazione benefica. A seguire spazio a ricordi e aneddoti con l’esposizione della prima chitarra di Lucio Battisti, alla presenza del nipote, Andrea Barbacane. «Era silenzioso ma anche molto simpatico - ha raccontato Mogol a Leonessa - mi canticchiava le sue musiche in inglese maccheronico, poi io ci mettevo il testo in base a esperienze personali, ad aneddoti vissuti o inventati». Il risultato, sono i brani immortali che tutti conosciamo.
Nel suo paese natale lo ricordano in molti, solitario ma anche compagnone con chi voleva, una testa di riccioli neri e l’immancabile chitarra in spalla.
Il Messaggero