Rieti, non raccoglie le deiezioni del cane: esplode la bufera con un vigilante

Via Cintia (foto d'Archivio)
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RIETI - Colpa dell’improvviso rialzo delle temperature? Può essere un fattore. Certo, siamo convinti che molto dipenda, al di là del caldo anomalo per la stagione, da una maleducazione crescente e da tensioni sociali che, complici diversi fattori, si fanno di giorno in giorno sempre più evidenti. Significativo quanto accaduto martedì mattina intorno alle 8, con alte grida che si sono sentite per tutta via Cintia.

I fatti. La furibonda lite che ha dato spettacolo davanti all’entrata di una pasticceria del centro pare sia scaturita dell’invito del vigilante, in servizio presso i vicini uffici dell’Inps, che esortava un passante a raccogliere gli escrementi del suo cane. Al diniego dell’utente, a detta dei presenti assai sgarbato, il vigilante ha letteralmente dato in escandescenze minacciando di “picchiare” e “dar fuoco” allo “zingaro di merda”, per usare uno solo degli epiteti utilizzati per descrivere l’utente. Per placare i due litiganti sono dovuti intervenire alcuni clienti del bar, che hanno trattenuto a forza i due uomini, impedendo loro di venire alle mani.

La riflessione. Si pone, inevitabilmente, qualche riflessione in merito. Certamente, sull’incivile passante che non ha raccolto le deiezioni canine, con tanto di risposta maleducata dopo l’esortazione a farlo. Ma dalla figura del vigilante, in servizio con tanto di pistola presso un ufficio pubblico proprio per sedare - e non certo alimentare - eventuali situazioni di rabbia o disordine, non ci si aspetta certo che cavalchi l’onda della lite e anzi la fomenti fino ad essere portato via coattamente per evitare che picchi un utente in mezzo alla strada. 
Quali che siano le ragioni del diverbio, ci si aspetta che figure pagate per ricoprire il ruolo di addetto alla sicurezza cittadina siano dotate di un minimo equilibrio, fondamentale se non altro per non insultare o venire alle mani, anche se provocati. Altrimenti servirebbe il vigilante del vigilante, e non ne usciamo.

 

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Il Messaggero