Rieti, kalashnikov e sciabola in regalo: diplomatico nei guai

Tribunale Rieti
RIETI - Gli sono costati davvero cari quei cadeaux ricevuti durante le missioni effettuate all'estero, omaggi di amici e autorevoli rappresentanti di paesi come la Nigeria, il...

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RIETI - Gli sono costati davvero cari quei cadeaux ricevuti durante le missioni effettuate all'estero, omaggi di amici e autorevoli rappresentanti di paesi come la Nigeria, il Pakistan, Angola e Yemen: un kalashnikov, una zanna di elefante, una sciabola e un fucile antico risalente all'800. Materiale esposto in bella vista da Roberto Lisciarelli dentro casa, ma mai denunciato, trovato dagli agenti della squadra Mobile di Rieti nel corso di una perquisizione, disposta nell'ambito di un'altra indagine ordinata dalla Dda di Bologna, perché a Piacenza era stata scoperta un'organizzazione che procurava passaporti falsi a cittadini pakistani per entrare in Italia.


Su alcuni documenti, c'era la firma falsificata del funzionario - risultato estraneo - per cui la sua abitazione era stata perquisita ma non erano stati trovati ne timbri, ne passaporti falsi. Ma per la detenzione illegale e la violazione del divieto di importare dall'estero esemplari animali, Lisciarelli è stato condannato dal tribunale (presidente Sabatini, con Auriemma e Morabito) a tre anni di reclusione (un anno in meno rispetto alla richiesta del pm Lorenzo Francia) e con lui, a diciotto mesi, anche la moglie (ex dipendente della Cassa di Risparmio di Rieti dell'agenzia di Passo Corese) per il concorso nello stesso reato (sapeva e non denunciò), mentre è stata assolta con formula piena dall'ulteriore imputazione di resistenza a pubblico ufficiale.

LA DIFESA

Rispondendo alle domande dei giudici, l'imputato si era difeso durante la precedente udienza sostenendo di aver agito in buona fede e di aver ricevuto il kalashinikov, la cui matricola era abrasa, quando lasciò l'ambasciata italiana in Pakistan: «Trattandosi di regali, come anche la zanna di elefante, ignoravo di doverne comunicare il possesso, tanto che li misi in valigia e a Fiumicino nessuno sollevò problemi», aveva detto, come pure il suo difensore, il legale umbro Romano Sciarretta - ricorrerà in appello contro la sentenza - ha puntato tutto sulla mancanza di dolo nel comportamento di moglie e marito. Decisiva, per la condanna, è stato anche l'esito della consulenza balistica ordinata dal tribunale sul kalashnikov, affidata al colonnello dell'Esercito D'Arienzo: l'arma è risultata perfettamente funzionante, ma sarebbe stato possibile utilizzarla solo con determinate munizioni che, peraltro, Lisciarelli non aveva a disposizione. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero