Rieti, ex Manni: licenziamenti revocati ma scatta la cassa

Ex Manni
RIETI - Ex Manni, dopo il salvataggio la cassa integrazione. Una misura che la proprietà aveva già paventato nella lettera con cui, il 21 aprile scorso, aveva...

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RIETI - Ex Manni, dopo il salvataggio la cassa integrazione. Una misura che la proprietà aveva già paventato nella lettera con cui, il 21 aprile scorso, aveva revocato il licenziamento per le 31 operatrici, dopo aver incassato dal Comune un milione e 600mila euro, ma che ora rinfocola le polemiche. Tace il sindacato «parlate con la proprietà, comunque era tutto previsto e ai lavoratori va meglio così» parla invece l'opposizione. «Quello che temevamo è successo dice il consigliere Andrea Sebastiani dare soldi senza pretendere garanzie sulla tutela del personale è stata un'operazione suicida. E' chiaro che il numero di operatori è eccessivo per il numero di ospiti attualmente presenti all'ex Manni, ma quello che temiamo è che i sei mesi di cassa integrazione servano a preparare il terreno a quello che è il vero disegno della Quadrifoglio, ovvero trasformare la casa di riposo in un centro di accoglienza per immigrati. E per la città, e per quel quartiere, Campoloniano, non sarà la stessa cosa». Quello che è certo è che già da tempo le operatrici erano impiegate molto al di sotto dell'orario pieno del contratto: per questo il ricorso alla cassa integrazione, finché dura, rappresenta una soluzione anche più conveniente da un punto di vista economico. Peraltro, il numero di addetti e le ore rimandano dritti alla vecchia gestione dei Servizi sociali, quando il Comune chiedeva (personale, ore) e la Quadrifoglio disponeva, tanto il conto lo avrebbe pagato l'amministrazione (come e quando è un altro paio di maniche). Ma con la gestione della casa di riposo passata direttamente in carico alla cooperativa, progressivamente c'è stata una riduzione delle ore richieste alle singole operatrici.

Adesso la svolta, con la richiesta di cassa integrazione per far fronte a un esubero spalmato sull'intero personale in servizio a fronte di un numero di utenti che è di poco più della metà dei posti disponibili. Resta da capire se i sei mesi di tempo «comprati» dalla cooperativa serviranno davvero a rimpinguare l'utenza della casa di riposo oppure a preparare il terreno per un diverso utilizzo della struttura di via Riposati. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero