Rieti, droga take away del bosco di Magnalardo, le coperture dei reatini

Carabinieri (Archivio)
RIETI - A distanza di circa un anno si erano calmate le acque nel boschetto della droga di Magnalardo, nel Comune di Rocca Sinibalda, e tutto era ricominciato sottotraccia....

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RIETI - A distanza di circa un anno si erano calmate le acque nel boschetto della droga di Magnalardo, nel Comune di Rocca Sinibalda, e tutto era ricominciato sottotraccia. Una zona defilata, poco attenzionata, tornata ad essere il “take away” della droga, servita direttamente dagli spacciatori al limitare del bosco, così da velocizzare le operazioni e smaltire rapidamente il continuo viavai di assuntori. Droga di buona qualità ricercata sul mercato e sempre molto richiesta. Le stesse analisi tossicologiche lo hanno confermato. L’operazione condotta dalla compagnia carabinieri di Rieti - che ha portato all’applicazione di quattro misure cautelari disposte dal gip del tribunale di Rieti su richiesta della Procura - porta a galla un mondo sommerso di numerosissimi acquirenti, la maggior parte di essi residenti a Rieti, sia maggiorenni che minorenni, tutti segnalati come assuntori di sostanze stupefacenti. 

Un viavai continuo, giornaliero, con picchi nel week end. In scooter o in auto il parco-bivacco di Magnalardo era raggiunto dalla clientela già a partire dalla tarda mattinata: a ora di pranzo, nel pomeriggio e poi ancora fino a tarda serata con esclusione delle ore notturne. I marocchini con i clienti - per stabilire orari e giorni degli appuntamenti - intrattenevano comunicazioni tramite sms, messaggi whatsapp o chiamate telefoniche. Molto spesso le dosi di eroina, cocaina o hashish, venivano consumate direttamente sul posto con la loro compiacenza, circostanza che ha reso ulteriormente complicate le indagini dei carabinieri in quanto i soggetti fermati, avendo da poco assunto droghe, erano di fatto “puliti”. 
Un’organizzazione criminale ben strutturata a cominciare da alcune vedette che vigilavano sul transito in strada di auto o persone sospette fino al supporto tecnico-logistico di cui godevano gli stranieri, grazie ad alcuni reatini che si preoccupavano di rifornirli di acqua, viveri e ogni genere alimentare, utensili, oggetti o materiale che potesse servire alla vita di macchia in tenda come, ad esempio, batterie del telefono e power bank per ricaricare i telefoni cellulari accesi h 24 in quanto strumenti indispensabili per i contatti con i tossicodipendenti. Altre volte poteva servire un passaggio in auto in città per fare degli acquisti o recarsi in farmacia. Un mercato fiorente di cui era apprezzata la qualità delle sostanze stupefacenti e che - come un ramo potato - aveva ripreso energia e vigore una volta che era tornata un apparente calma piatta. In breve, la voce tra assuntori abituali e quelli del fine settimana si era sparsa in brevissimo tempo in città, spinta anche dal vecchio e tradizionale metodo: qualche dose gratis per chi porta nuovi clienti. Erano gli acquirenti a contattare telefonicamente i marocchini indagati per conoscere la disponibilità o meno di eroina o cocaina. 

Diversamente erano i marocchini ad avvicinarli al limite del bosco per la cessione degli stupefacenti (spesso nascosti in dosi sotto pietre e sassi) o prendere nota delle richieste. Un volume di affari molto consistente che aveva trovato all’ombra della radura di Magnalardo, il suo cuore pulsante. Le indagini dei militari dell’arma si sono avvalse soprattutto di metodi investigativi tradizionali fatti di lunghi appostamenti, pedinamenti controlli e monitoraggio di persone e veicoli.
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Il Messaggero