Rieti, Don Ciotti esorta i giovani: "Ci vuole coraggio ad avere coraggio"

Don Ciotti
RIETI - «Ci vuole coraggio, oggi, ad avere coraggio», ma questo serve «per coltivare l’impegno, per cercare la verità, per non perdere la passione...

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RIETI - «Ci vuole coraggio, oggi, ad avere coraggio», ma questo serve «per coltivare l’impegno, per cercare la verità, per non perdere la passione per la vita». Don Luigi Ciotti è un fiume in piena, ogni frase un’onda che si abbatte sulle 150 e passa di ragazzi, sacerdoti, animatori, poliziotti che lo ascoltano all’Oasi di Greccio, dov’è venuto a parlare di «dispendio di sé» e di impegno.

Il Meeting dei giovani organizzato dalla Diocesi di Rieti è ormai nel vivo e si coglie con chiarezza il filo conduttore: sabato il «datevi una svegliata» di monsignor Giulietti e l’invito della scrittrice Michela Murgia a mettere passione nelle relazioni e nell’impegno, oggi le sciabolate di don Ciotti. «Lasciate pure che i dubbi vi accompagnino, credetemi, sono più sani delle certezze. E che non vi manchi mai passione e stupore per la vita. Io non mi stanco mai di stupirmi. Sapete, certe volte anche la solidarietà può diventare un mestiere, un tran tran. Col tempo c’è il rischio di farsi prendere la mano", dice il fondatore del Gruppo Abele e poi di Libera.
 
Nelle sue parole si coglie forse un riferimento al recente, polemico abbandono del movimento di riscatto contro la mafia di Franco La Torre, giusto un mese fa. Ne è seguita una polemica aspra sui giornali, e più avanti, di nuovo, don Ciotti sembra farvi un riferimento quando parla delle «campagne di fango» con cui pure si può colpire chi è scomodo: «La mafia, vedete, uccide in molti modi».
Con lui in verità ci hanno provato anche in quello classico: un attentato sventato, due sicari nel pianerottolo di casa. «Mia madre non ha retto», dice rispondendo alla domanda se abbia paura. «Ma il primo coraggio che serve - dice - è quello ordinario di rispondere alla nostra coscienza, di guardare anche le nostre fragilità. Non tutti siamo chiamati a fare tutto, quello che conta è fare la propria parte: da cittadini che siete vi dico, prima di tutto sentitevi responsabili dei diritti degli altri. E per favore non mi parlate di «indignati»: tremo quando qualcuno mi di dice «siamo indignati». Okay, gli dico, allora datti una mossa».
E’ il filo del Meeting che torna e che stringe: i ragazzi in platea - incredibile ma vero - non fanno selfie ma prendono appunti. Don Ciotti addita modelli - «Don Tonino Bello, Carlo Maria Martini...» - sprona alla conoscenza: «Non vi fermate in superficie, scendete in profondità. Avete a disposizione la più grande edicola e biblioteca che si sia mai vista, internet, ma studiate, approfondite, non vi fate confondere. Perché se è vero che di fronte alle storture non possiamo tacere, è vero pure che quando si parla bisogna farlo in modo corretto, documentato». E oggi a parlare al mondo sembra rimasto solo il Papa: «Tutti gli battono le mani - incalza don Ciotti - ma poi tutti continuano a fare quello che facevano prima. Noi no». C’è chi chiede quale sia la sua preghiera più cara: «Il silenzio, senz’altro. E il Padre Nostro. Ma che preghiera difficile».

Qui però la spinta sembra proprio quella a fare «le cose difficili», a togliere paraspigoli e paraocchi. E’ il tentativo di ripartire anche come Chiesa locale, come testimonia la presenza di sacerdoti e religiose: non più le masse di una volta ma il lievito del Vangelo. In sala si colgono una serie di «connessioni»: c’è il padre provinciale dei Frati Minori, padre Luigi Recchia, e, stando alla città, lo staff della Lokomotiva di Sant’Eusanio. Oggi a Greccio salirà Licia Colò e il teologo Simone Morandini: si parlerà di «casa comune», o Madre Terra nella declinazione francescana che suggerisce il luogo. E ci si lascerà con una consegna molto concreta. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero