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RIETI - Applausi e strette di mano per Domenico Pompili nuovo vescovo di Verona. Il presule si è insediato oggi pomeriggio alla presenza di tanti reatini: dalle istituzioni (Calisse e Sinibaldi) ai semplici fedeli che hanno raggiunto la città di veneta in pullman.
L'omelia
“Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: ‘Violenza!’ e non salvi?”. Le domande angosciate di Abacuc risuonano alle nostre orecchie per la loro impressionante attualità. Vien da chiedersi: siamo forse davanti al baratro di una guerra nucleare? La fede nasce sempre da una interrogazione lancinante che fa uscire dall’isolamento e mette in movimento. La nostra generazione, a dire il vero, tende a censurare le domande. Mentre suscitare gli interrogativi è vitale per non lasciarsi sopraffare dalla banalità. Non a caso, la chiesa veronese nel Sinodo del 2002 si è identificata con una domanda, quella posta da Gesù ai suoi contemporanei: “Che cosa cercate?”.
“Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio”. L’Apostolo Paolo non pone una domanda al suo giovane discepolo Timoteo, ma suggerisce un atteggiamento da coltivare. Il dono che è Dio stesso va “ravvivato”, cioè rivitalizzato perché è un’esperienza che cresce insieme con noi. La fede cristiana, infatti, non è mai una “consuetudine” (Tertulliano); non sopporta un’appartenenza generica, ma esige una scelta consapevole. In particolare, per essere trasmessa la fede chiede di soffiare sul fuoco del presente e non sulle ceneri del passato. A tal proposito, la storia della chiesa a Verona è esemplare: quando nell’Ottocento sembrava già incrinarsi il rapporto con il Vangelo proprio qui sono nate una serie di esperienze educative, missionarie e culturali che hanno portato il Vangelo, ben oltre le mura della Città.
Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato ed esso vi obbedirebbe!”. Gesù utilizza l’immagine di un seme che è piccolissimo, ma proprio per questo è destinato a crescere. La fede è così: invisibile, ma irresistibile. Essa è pervasiva, mai spavalda. Sa contaminarsi, senza perdere la propria identità. E’ “in-utile”, come il servo della sconcertante parabola del Maestro, nel senso che non guarda ai risultati, ma attrae per sé stessa. Senza Dio, infatti, manca una visione e si finisce per inseguire il frammento, camminando verso il niente. E’ questo oscuro presentimento di procedere verso il vuoto che dà le vertigini. Soprattutto ai più giovani che detestano un’esistenza piatta e monotona. Da oggi sono qui in questa chiesa di Verona a muovere il primo passo. E che cosa mi prefiggo? Una cosa semplice e alla portata di tutti: “vorrei imparare a credere” (D. Bonhoeffer), per ritrovare il respiro della vita che è Dio. Gesù chiede ai suoi leggerezza e gratuità. E’ questione di discrezione, di stile, di misura dello spirito. Come in alcuni versi di un poeta e mistico medievale, Rumi (1207-1273): “Noi siamo dei flauti, ma il soffio è tuo, Signore. / Noi siamo dei monti, ma l’eco è tua”.
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