La scomparsa di Emidio Di Carmine, dalla vittoria con l'Itis di Rieti al Cagliari di Scopigno e Riva: i ricordi

Emidio di Carmine con la maglia del Rieti
RIETI - Erano stati ribattezzati i gemelli del gol perché avevano dato vita a una delle coppie di attacco più prolifiche del Rieti impegnato nel campionato di...

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RIETI - Erano stati ribattezzati i gemelli del gol perché avevano dato vita a una delle coppie di attacco più prolifiche del Rieti impegnato nel campionato di Promozione che, sotto la presidenza di Rolando Schifi, culminò con la conquista della serie D.

Emidio Di Carmine, il centroavanti originario di Amatrice, scomparso improvvisamente a 71 anni in Toscana, indossò la maglia amarantoceleste tra il 1978 e il 1980, vivendo l’esperienza reatina insieme a Mauro Passarani, altro storico attaccante con cui aveva esordito nel 1968, sempre giocando in coppia, nella finale del torneo Interscolastico di Rieti. Entrambi allievi dell’istituto Industriale, risultarono determinanti con le loro reti nella conquista del trofeo, vinto dopo aver battuto in finale, 4-1, l’undici del Liceo Scientifico.

Terminati gli studi, le loro strade si separarono, per poi ritrovarsi dieci anni dopo, nel 1978, nel Rieti allenato prima da Lorenzo Vellutini e poi da Nazzareno Cerusico, dove intanto era approdato anche Domenico Masuzzo, una mezz’ala che aveva fatto parte della Lazio allenata da Tommaso Maestrelli, l’allenatore dello scudetto conquistato da Chinaglia e compagni.

Di Carmine tornò a calcare l’erba del campo comunale Fassini dopo l’esperienza vissuta in Sardegna con il Cagliari tricolore di Gigi Riva, ma senza trovare lo spazio giusto. Così la raccontava, non senza rammarico: «Ero chiuso da Riva, Gori e Nenè, per non parlare di Domenghini, ma ugualmente ho avuto la soddisfazione di giocare in serie A quando Scopigno mi fece esordire a Torino contro la Juventus. Quel giorno mi marcava Spinosi – ricordava – e nonostante mi stesse addosso in  modo asfissiante, riusciì ad arrivare, in un’occasione, da solo davanti a Zoff che però fu abile a deviare il mio tiro in calcio d’angolo. Ma anche senza gol, fui giudicato tra i migliori in campo e, in seguito, ho avuto altre occasioni di giocare in prima squadra. Ma il calcio è questo, oltre a saper giocare ci vuole anche tanta fortuna».

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Il Messaggero