RIETI - Coronavirus. Difficoltà nella ripartenza per il commercio. Affitti da corrispondere e bollette da pagare sono una delle spine nel fianco più lancinanti per i...
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La trattativa
«Il decreto Cura Italia tutto ha previsto tranne la sospensione delle spese vive: se infatti si obbliga l’esercente a mantenere il negozio chiuso, parallelamente si sarebbe dovuto decidere di sospendere i canoni di affitto e le bollette - spiega l’avvocato di Ascom-Confcommercio Rieti, Lorenzo Napoleoni. - Ciò non è accaduto e, di conseguenza, il commerciante che ha dovuto abbassare le saracinesche è stato comunque costretto a corrispondere l’affitto del locale perché, malgrado la chiusura, i contratti di locazione restano validi. Tuttavia, l’articolo 91 del Cura Italia spiega che ai conduttori morosi con i canoni riferiti ai mesi Covid di marzo, aprile e maggio non sono applicabili gli articoli 1218 e 1223 del codice civile, cioè viene meno la responsabilità da inadempimento. Questo significa che da una parte resta l’obbligazione del pagamento, ma il proprietario non può andare a chiedere interessi, danni o avviare procedimenti di sfratto in ragione del mancato pagamento del canone in questi tre mesi. Dunque, l’unica soluzione è pensare di applicare l’articolo 1467, cioè la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta: se, prima dell’emergenza, il proprietario aveva stabilito un determinato canone sulla base di diverse condizioni socio-economiche, ora, con la crisi che si prospetta nei prossimi mesi, il commerciante non accetterebbe più quel canone perché, per circostanze non imputabili a lui, la situazione ha fatto sì che il proprietario non riesca a riscuotere il canone stabilito. Ad oggi, però, risolvere il contratto non conviene né al commerciante né al proprietario: come sarebbe infatti possibile rimpiazzare un locale commerciale con la crisi che incombe? Dunque, da una parte converrebbe chiedere la sospensione del canone d’affitto e dall’altra rinegoziarlo, dando vita a un secondo contratto con un termine finale entro il quale rivedere la situazione e verificare se è possibile applicare il precedente affitto. Nella stesura del nuovo canone, sarebbe ideale raggiungere una riduzione del 50 per cento: se infatti il decreto Cura Italia nel 2021 andrà a riconoscere al commerciante un credito d’imposta pari al 60% dei canoni che ha pagato, è giocoforza che l’affitto andrebbe ridotto almeno del 40 per cento. Non si può certo obbligare i proprietari a trattare con i commercianti, ma in un momento in cui, quando si riaprirà, il potere d’acquisto sarà ridotto e saranno ancora presenti misure restrittive, sarebbe auspicabile adottare un po’ di buon senso da entrambe le parti, altrimenti si rischierà il collasso». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero