RIETI - Percepivano la pensione dall’Inps e, in aggiunta, anche l’indennità di accompagno perché affetti da cecità. Ma erano finiti ugualmente...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Pur risultando ufficialmente non vedenti, due fratelli di Longone Sabino, Cesidio e Terzo Orsini, di 69 e 62 anni, erano però stati visti svolgere delle attività in contrasto con la loro condizione, quali quelle di innaffiare il giardino, attraversare la strada, andare a prendere il caffè e altre piccole occupazioni che li impegnavano senza l’aiuto di altre persone. Ma, secondo il tribunale che ieri ha assolto entrambi «perché il fatto non sussiste», tutto quello che gli uomini della Finanza avevano annotato nel corso di controlli e pedinamenti, non era incompatibile con la patologia dalla quale risultavano entrambi affetti, una retinite pigmentosa ereditaria.
Una malattia che, come illustrato dal dottor De Giorgio, consulente nominato dal giudice monocratico nel corso del processo, può non arrivare a determinare uno stato di cecità totale, ma lascia un piccolo spiraglio alla vista che consente al soggetto colpito di svolgere modeste attività, come quelle contestate a Cesidio e Terzo. Perizia che non era stata disposta nel corso delle indagini della procura della Repubblica e che è risultata sovrapponibile alle conclusioni raggiunte da quella di parte, eseguita dal professor Bolino di Roma, depositata dall’avvocato difensore Italo Carotti che ha ottenuto l’assoluzione degli imputati.
La sentenza comporterà anche la revoca del sequestro dei beni eseguito nel 2014 nei confronti dei fratelli Orsini, per un valore pari a 120mila euro, cifra che erano accusati di aver percepito illegalmente con la pensione di invalidità.
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero