Rieti, la scomparsa del marito a soli 32 anni ma il sostegno costante dei carabinieri: «Mai lasciata sola fin dai primi attimi»

Eleonora Favetta e Cristiano Gira
RIETI - «Seppur nella tragedia, siamo più fortunati di altri, perché la grande famiglia dell’Arma dei carabinieri non ci ha mai abbandonati»....

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RIETI - «Seppur nella tragedia, siamo più fortunati di altri, perché la grande famiglia dell’Arma dei carabinieri non ci ha mai abbandonati». Eleonora Favetta ha perso il marito a soli 32 anni, quando il figlio Cristiano aveva solo 18 mesi. Il vicebrigadiere dei carabinieri Antonio Gira, in servizio nel nucleo radiomobile del comando di Poggio Mirteto, muore nel luglio 2016. «Pensavamo fosse solo un momento di stanchezza. Avevamo fatto il trapianto, le cose sembravano andare bene. Invece in un lampo la situazione è precipitata». Eleonora ricorda fin dai quei terribili momenti la vicinanza dell’Arma: «Sono venuti subito a casa i colleghi, i vertici, il comandante Roccia. Da allora non ci hanno mai lasciati soli».

Oggi. La vedova Gira oggi fa parte dell’Onaomac, l’Opera nazionale per l’assistenza agli orfani dei militari dell’Arma dei carabinieri: «È un modo per condividere le nostre storie, i nostri dolori. E anche per fare nuove amicizie, per sostenersi vicendevolmente». Con l’associazione e i carabinieri, Eleonora celebrerà il 21 novembre la protettrice Virgo Fidelis e la “Giornata dell’orfano”, che verrà ricordata con una celebrazione nella Basilica di Sant’Agostino di Rieti.
Eleonora, originaria di Poggio Catino, aveva conosciuto Antonio, di origine salentina, grazie a una passione comune per le motociclette. «Ci siamo sposati nel 2010, quattro anni dopo è nato Cristiano, e nel 2015 mio marito si è ammalato, purtroppo senza scampo». Il piccolo Cristiano, che oggi ha 8 anni, ricorda poco o nulla di suo papà: «Lo vive attraverso le foto, i racconti, sono felice quando se ne parla, è un modo perché lui lo ricordi. A volte si ferma davanti alla vetrina con le sue cose che abbiamo in casa, si mette i suoi guanti, il cappello. Ne parliamo insieme come se fosse ancora tra noi. La sua maestra mi ha detto che a scuola parla di suo padre come lo avesse sempre accanto».

Il conforto. E a cercare di sopperire ad una mancanza così precoce, hanno sempre pensato anche i carabinieri: «Sono andata avanti grazie a mio figlio, un vero “salvavita” su cui ho concentrato le mie forze - racconta Eleonora - ma anche grazie alla mia famiglia e a quella di mio marito, e al grande punto di riferimento che rappresenta l’Arma. L’Onaomac consente a mio figlio di studiare, non gli fa mancare i pacchi dono a Natale e a Pasqua, l’affetto è costante sempre». Gesti che proseguono anche oggi, con il colonnello Bruno Bellini, comandante provinciale dei carabinieri, che ha sempre i cancelli spalancati per Cristiano e per tutti i ragazzi che hanno un dolore simile sulle spalle. Cristiano, il 23 settembre, è stato insignito del Premio Salvo D’Acquisto per essersi “particolarmente distinto per lo spiccato senso di solidarietà”. La mamma mostra con orgoglio la targa. «Ha lo stesso carattere del padre, socievole, gioviale. E forse proprio perché ha sofferto, pensa più agli altri che a se stesso», dice Eleonora. Per lei, una vita da ricostruire e una ferita che resterà per sempre, insieme ai «sogni infranti di tutto quello che avremmo voluto fare insieme io e mio marito. Ma vado avanti, anche grazie all’aiuto della divisa e ai valori umani che rappresenta e ha rappresentato per tutta la nostra famiglia».

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Il Messaggero