Da allenatore a operatore ecologico, la scelta di mister Battisti per la sua Poggio Bustone: «Prima la concretezza, poi la passione»

Raffaele Battisti
RIETI - Una vita dedicata corpo e anima al calcio, quella di Raffaele Battisti, che prima da giocatore (professionista e non), poi da allenatore, ha lasciato tracce del suo...

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RIETI - Una vita dedicata corpo e anima al calcio, quella di Raffaele Battisti, che prima da giocatore (professionista e non), poi da allenatore, ha lasciato tracce del suo passaggio in diverse società, compreso Rieti, dove è stato protagonista sia in campo che in panchina. Ma per il 45enne originario di Poggio Bustone, prioritaria è sempre stata la famiglia, alla quale ha sempre garantito una certa solidità. Fino a qualche anno fa, Battisti conciliava il pallone con il ruolo di guardia carceraria a Casal del Marmo, dove la domenica difendeva i colori dell’Astrea, ma nella settimana svolgeva il suo regolare turno di lavoro.

 

Da vice allenatore a operatore ecologico nella sua Poggio Bustone

Terminato quel percorso, Battisti si è dedicato di nuovo al calcio, studiando per diventare allenatore e da vice di Carmine Parlato è stato tra i protagonisti della promozione in C del Rieti, ma anche di un ottimo secondo al Savoia prima e a Trento poi. Lo scorso anno, da febbraio a maggio, ha saputo traghettare il Rieti alla salvezza alla sua prima esperienza da capo allenatore e in estate ecco la chiamata del Trento che gli ha affidato il ruolo di secondo. Da qualche giorno, però Battisti ha deciso di mollare tutto e accantonare, almeno per ora, il calcio: è tornato a Poggio Bustone, dove ha intrapreso un nuovo lavoro, quello dell’operatore ecologico. Il buon Raffaele si è reinventato nuovamente e per i suoi concittadini resta un esempio da seguire.

 

Il racconto

«In questo momento il calcio va in secondo piano - racconta Battisti a Il Messaggero - perché dopo aver perso un lavoro che garantiva serenità e stabilità alla mia famiglia, sentivo il bisogno di ricreare qualcosa che potesse rappresentare il presente e il futuro. Ho lasciato Trento, dove sono stato accolto e trattato con affetto, perché il dovere chiamava, ma non potevo rinunciare a questa opportunità. Ho ritrovato il mio paese, la mia gente, le mie origini e questo mi fa star bene. Il calcio? Per ora non ci penso, poi magari più in là se dovessero crearsi i presupposti per dare una mano in un settore giovanile o una società di Eccellenza o di Promozione, la prenderò come un impegno sociale utile per completarmi. Ma la vita, specialmente di questi tempi, va veloce e alla passione va anteposta la concretezza».

 

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Il Messaggero