Rieti, bullo di 22 anni umilia un disabile: sarà processato

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RIETI - Deriso e umiliato con frasi di scherno davanti agli amici, fino a quella sigaretta che uno dei suoi persecutori gli spense sul collo, dopo avergli soffiato il fumo sul...

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RIETI - Deriso e umiliato con frasi di scherno davanti agli amici, fino a quella sigaretta che uno dei suoi persecutori gli spense sul collo, dopo avergli soffiato il fumo sul volto, bruciandogli ciocche di capelli con un accendino arroventato.

Alla fine la vittima, un ragazzino disabile, assolutamente incapace di potersi difendere nelle sue condizioni, finì al pronto soccorso dove fu medicato per abrasioni ed ecchimosi. Un episodio di bullismo e di sopraffazione avvenuto nel 2015 all’esterno del McDonald’s di viale Verani, per il quale un ventiduenne reatino, E.C., dovrà ora rispondere davanti al tribunale dopo essere stato rinviato a giudizio per lesioni e violenza privata dal giudice dell’udienza preliminare, mentre la posizione di un altro ragazzo minorenne, D.G., accusato degli stessi fatti, è finita all’esame del tribunale dei Minori.

Una brutta storia ricostruita dalle indagini dei carabinieri e corredata da molte testimonianze, che ha provocato nella vittima un profondo trauma psicologico. L’imputato, in precedenza, aveva tentato di patteggiare la condanna a due anni, richiesta non accolta dal gip in quanto ritenuta non congrua rispetto alla gravità dell’episodio, come pure non ha avuto successo la ricusazione del giudice percorsa dalla difesa: la corte di Appello ha respinto la richiesta.

RECUPERO ALLA CARITAS
Eppure, E.C. l’occasione di saldare i conti con la giustizia ce l’aveva avuta nel 2016 quando il tribunale, accogliendo l’istanza dell’avvocato difensore Luca Conti, gli aveva concesso di essere messo alla prova, beneficiando dell’istituto che, svolgendo gratuitamente lavori di pubblica utilità, gli avrebbe consentito di estinguere il reato – fermo restando l’obbligo di risarcire le parti civili (il ragazzo disabile e la madre, quest’ultima in qualità di amministratrice di sostegno, assistiti dall’avvocata Morena Fabi), già presenti in vista del processo fissato per l’11 ottobre – ma l’opportunità gli era stata revocata dal tribunale sulla base di una relazione negativa trasmessa dall’ufficio penale per le esecuzioni della pena di Viterbo.


Decisione assunta in seguito a un rapporto trasmesso dalla Caritas, dal quale emergevano comportamenti dell’imputato giudicati «non in linea con il percorso di recupero» (poche decine di euro sottratte ai colleghi di lavoro, in parte restituiti, e qualche insofferenza caratteriale), tali da non consentire la prosecuzione della messa alla prova. L’iter giudiziario ha ripreso così il suo percorso originario, fino al rinvio a giudizio deciso dal gup. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero