Il bimbo nato in auto, la storia di mamma Rachele, di papà Alessandro e del mito Michael Jordan

Il bimbo nato in auto, la storia di mamma Rachele, di papà Alessandro e del mito Michael Jordan
RIETI - Che si sarebbe chiamato Giordano in onore di Michael Jordan, il cestista più forte di tutti i tempi, papà Alessandro Surio, appassionato di basket, e...

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RIETI - Che si sarebbe chiamato Giordano in onore di Michael Jordan, il cestista più forte di tutti i tempi, papà Alessandro Surio, appassionato di basket, e mamma Rachele Zughetti, lo avevano deciso da tempo. Però che sarebbe nato lo stesso giorno del campione di pallacanestro e con un numero degno, in termini di velocità e spettacolarità, di Air Jordan non potevano immaginarlo. A quello ha pensato Giordano che è voluto nascere il 17 febbraio 2022 nella Ford Fiesta di mamma e papà parcheggiata in largo Gramsci (nella foto a destra, piccola) a Passo Corese, sul cui cartello oggi sventola un fiocco azzurro. Dopo una settimana dalla notizia pubblicata da Il Messaggero, a parlare sono i protagonisti di quella giornata indimenticabile. Due genitori giovanissimi: 31 anni e un lavoro come tecnico di radiologia, lui, 25 anni e per ora mamma a tempo pieno, lei. 

Sposati dal 2019, vivono in località Stallone nel comune di Fara Sabina insieme alla primogenita di due anni Adelaide. Da un racconto che assomiglia a un flusso di coscienza in cui si scambiano ricordi e particolari, emerge “un mix di emozioni”. Prima la «paura che il bambino potesse avere qualche problema durante la nascita», quindi «l’ansia di trovare aiuto» e alla fine «tanta gioia nel vederlo nascere senza alcuna difficoltà. Sentire il suo pianto – confessano - ci ha fatto capire che grazie a Dio stava bene e la cosa ci ha riempiti di felicità».

Il racconto. La gravidanza sarebbe dovuta terminare il 23 febbraio, ma alle 7 del 17, Rachele ha avvertito piccole fitte e chiesto ad Alessandro di accompagnarla, per precauzione, all’ospedale Gemelli di Roma. Dove non sarebbero mai arrivati perché quelle fitte nel giro di mezz’ora sono diventate contrazioni sempre più forti. Lasciata Adelaide ai nonni, si mettono in viaggio, ma alla rotonda di Passo Corese si rompono le acque. Rachele capisce che è ora. 
«Io no – ammette il ragazzo - e quando le ho chiesto se potevamo fare benzina lei mi ha risposto con un “no” categorico, chiedendomi di controllare se vedevo la testa di Giordano: stava uscendo!».

A quel punto, il ragazzo parcheggia in largo Gramsci. «In preda all’ansia cerco aiuto – continua-. Provo a fermare due macchine senza successo, poi alzo gli occhi e vedo che c’è il mercato. Attraverso la strada in fretta e furia e chiedo a un ambulante di darmi una mano perché mia moglie sta partorendo in macchina. Mi dice spontaneamente: «E io che te faccio?» Io subito ribatto: “Non importa, vieni lo stesso”». Ma quando tornano all’auto, un fagottino di 3 chili e 180 grammi è già sopra a mamma Rachele. Sono le ore 8.10, Alessandro abbassa il sedile per fare stare comoda la moglie e su consiglio di un operatore 118 con cui è al telefono, mettono al caldo Giordano. «Fortunatamente - dicono i neogenitori - una signora del mercato ci aveva regalato una coperta in pile. Tempo di scattare due foto e avvertire i parenti ed ecco che arriva l’ambulanza». Che avrebbe portato mamma e bimbo all’ospedale Villa San Pietro di Roma. Prima di poterli riabbracciare, papà Alessandro ha dovuto sbrigare una serie di pratiche, tampone Covid compreso, attendendo un tempo interminabile per chi freme per avere la conferma che moglie e figlio stiano bene. 

«Appena ho potuto – spiega - l’ho tenuto un po’ in braccio: era bellissimo, proprio come la sorella. Dopo un’oretta ho rivisto Rachele. Riusciva già a camminare: una forza della natura». Tra qualche anno, Giordano avrà già una bella storia da ascoltare: la sua. «Gli faremo vedere le foto e la pagina di giornale con la notizia della sua nascita che abbiamo conservato – assicurano Alessandro e Rachele -. Gli diremo che appena nato era già famoso, perché tutti conoscevano la sua storia e che è stato accolto a braccia aperte. Oltre alla gioia, infatti, non dimenticheremo mai il supporto delle persone del mercato che ci sono venute in sostegno e che ringraziamo, e il pronto intervento del 118. In quei minuti di follia abbiamo avuto il conforto di cui necessitavamo. Questo dimostra che si può contare sul prossimo e che in una situazione di bisogno non si è soli». 

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Il Messaggero