RIETI - Arriva alle 19 e 15, con quasi tre mesi di ritardo - da quando Il Messaggero ha pubblicato la notizia del rischio di chiusura che stava correndo (era il 24 febbraio)...
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Nella nota, improvvisamente saltata fuori dal cilindro, ProMis fornisce la sua versione dei fatti, scritta fitta fitta su un foglio A4 e punteggiata da una serie di passaggi scomposti che annunciano “iniziative a tutela del proprio buon nome” e bollano come “notizie false” tutte le informazioni verificate (fatte di dichiarazioni e testimonianze) raccolte per dovere di cronaca (considerata la storia, i posti di lavoro a rischio e le famiglie coinvolte) mentre ProMis sceglieva di restare in silenzio senza mai rispondere (fosse solo per buona educazione) alle telefonate e ai messaggi che Il Messaggero da febbraio ha inviato a più riprese al presidente Fabio Porfiri e al vice David Fabrizi, responsabile dell’ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi di Rieti. Nel comunicato ProMis, per cominciare, mette le mani avanti sostenendo che la scuola era stata «acquisita dalla nostra impresa sociale nel settembre 2020, in pieno covid, quando era già avviata alla chiusura. La scuola – si legge - è stata rilevata in perdita e tenuta viva in questi anni grazie agli sforzi economici della ProMis e al concreto e costante sostegno della Diocesi di Rieti».
Per continuare, poi, ribalta le affermazioni del presidente Pmi e direttore delle due cooperative reatine interessate al Bambin Gesù, Diego Rubbi, sostenendo che «alcune cooperative a lui riferibili, sono state fornite sin da subito, tutte le informazioni necessarie a valutare l’istituto scolastico sia da un punto di vista organizzativo che economico finanziario». Senza chiarire se effettivamente ProMis avesse richiesto alle due coop di rilevare i debiti della gestione precedente e pagare i trattamenti di fine rapporto ai dipendenti (come sostenuto da Rubbi), l’impresa sociale prosegue minimizzando e affermando di non avere responsabilità sul fallimento della trattativa.
«ProMis - si legge ancora nella nota - ha indicato la cifra “esorbitante” di ottomila euro, pari a circa un ventesimo circa delle perdite dalla stessa coperte alla fine di ciascun anno scolastico. Considerati i costi di esercizio della scuola, che gli acquirenti conoscevano e avevano liberamente e pubblicamente promesso di assumersi, è chiaro che il fallimento della trattativa non possa essere imputato a responsabilità di ProMis, ma vada cercato in una perdita di interesse non meglio chiarita dagli acquirenti stessi». Acquirenti che per l’impresa sociale avrebbero alimentato (loro, e non ProMis che è rimasta in silenzio) «un clima di sfiducia, anche all’interno del corpo degli insegnanti, allarmati da affermazioni che non trovano riscontro nei fatti».
Elencando poi tutte le iniziative che porta avanti dal 2018 e coinvolgono 30 persone, ProMis assicura che «rimane importante cercare una soluzione positiva di questa vicenda che rappresenta una ferita aperta per tutte le realtà coinvolte. L’impresa sociale – conclude - mantiene aperto ogni canale a proposte serie e concrete, oltre a essere direttamente e costantemente impegnata nel valutare soggetti idonei a garantire il futuro della scuola». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero