Rieti, Scuola “Bambin Gesù”, la protesta dei docenti: trattati senza rispetto

L'Istituto Bambin Gesù di Rieti
RIETI - Preoccupati, delusi, fortemente amareggiati. Anche infastiditi da come la vicenda si è sviluppata e che li ha visti spettatori paganti di una telenovela della...

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RIETI - Preoccupati, delusi, fortemente amareggiati. Anche infastiditi da come la vicenda si è sviluppata e che li ha visti spettatori paganti di una telenovela della quale, per anni, sono stati indiscussi protagonisti. Oltre alle suore Oblate del Bambin Gesù, ai piccoli alunni e ai loro genitori, nella triste storia della scuola parificata “Bambin Gesù” di via Garibaldi, a Rieti, tra le vittime scarificali ci sono anche i docenti dell’istituto. 


Una decina di insegnanti, più quelli di sostegno, che da un giorno all’altro si sono trovati senza lavoro. E senza che nessuno, in questo caso la cooperativa sociale Promis che gestiva la storica scuola parificata, li abbia mai messi al corrente di cosa stava accadendo. Li abbia avvertiti che a giugno la scuola avrebbe chiuso. Che la trattativa avviata con le cooperative dirette da Diego Rubbi era saltata, naufragata, travolta dalla richieste dei vertici della Promis, definite «irrecevibili» da Rubbi.

Il racconto. «Sembra di vivere un brutto sogno», racconta una delle insegnanti. «Abbiamo scoperto il nostro destino solo leggendo gli articoli de Il Messaggero. Solo pochi giorni fa, ci siamo resi conto che la trattativa per il passaggio a una nuova gestione era saltata e che a giugno la scuola avrebbe chiuso. Nessuno della Promis ci ha messo al corrente della situazione. Noi, come i genitori dei ragazzi, abbiamo dovuto rincorrere le vostre notizie. Eppure, ci sono docenti che nell’istituto ci insegnano da una vita. Davvero, una brutta storia». Eppure, i segnali che qualcosa non andava si erano avvertiti già nello scorso dicembre, quando al termine di una frettolosa riunione con i vertici della Promis, ai genitori dei ragazzi erano stati comunicati i prezzi delle nuove rette: da 300 ad oltre duemila euro all’anno. 
«E’ vero, ma allo stesso tempo - racconta la docente che preferisce restare anonima - era stata avviata una campagna di iscrizioni. Certo, con molti genitori è mancato il dialogo diretto, la spiegazione capillare delle difficoltà alle quali si stava andando incontro. Chissà, con un maggior tatto, con una maggiore comunicazione nei confronti dei genitori e dei docenti non si sarebbe giunti a questa situazione». E dire che ai vertici della Promis, con il ruolo di vicepresidente, c’è addirittura David Fabrizi, responsabile dell’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Rieti. Promis, che ad onore del vero, non ha mai risposte neppure alla nostre richiesta di fornire una spiegazione alla situazione creatasi. Ora? Quale sarà il destino dei docenti del Bambin Gesù?
«Dobbiamo trovare un’altra occupazione. Molti di noi avevano rinunciato a un incarico nelle scuole statali, proprio per la condivisione del progetto di una scuola parificata, a ispirazione cattolica. Una rinuncia che è costata anche in termini economici (il contratto delle suole parificate è più basso di quello delle scuole statali, ndr), compensata però dal far parte di un progetto più grande. Ora, però, è venuto meno anche questo. E nessuno ci ha ancora comunicato qualcosa. Mi dispiace tantissimo anche per le suore Oblate. Nessuna di noi meritava di assistere a questa fine». 
In compenso, tra le tante spiacevoli pieghe di questa storia, un elemento positivo sembra emergere: gli stipendi dei docenti, fin qui, sono stati regolarmente pagati. «Fino a questo momento non avanziamo nulla. Certo - prosegue la nostra interlocutrice - se davvero la trattativa con le cooperative di Rubbi è saltata anche perché nel passaggio di consegne la Promis ha inserito la clausola del pagamento dei Tfr a tutti i dipendenti, non è che dormiamo ora sonni tranquilli. Staremo a vedere quel che accadrà il prossimo mese. Noi, a giugno, ci dobbiamo arrivare».


L’impressione è che nella vicenda della chiusura della scuola parificata “Bambin Gesù” ci siano ancora da scrivere alcuni capitoli. Non solo quelli finali.
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Il Messaggero