Rieti, il farmacista siriano fuggito dalla guerra che ha trovato lavoro in una farmacia della città

Il siriano Zais al centro
RIETI - Il volto di Zaid Ameen, trentaduenne siriano, oggi è sereno, ma porta dentro l’orrore della guerra, che da anni va avanti nella sua terra, dalla quale...

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RIETI - Il volto di Zaid Ameen, trentaduenne siriano, oggi è sereno, ma porta dentro l’orrore della guerra, che da anni va avanti nella sua terra, dalla quale è fuggito nel 2013. La sua famiglia è ancora lì, costretta in un bunker nel Ghuta, regione al confine con Damasco, area al centro in questi giorni, di atroci bombardamenti. Sua madre non voleva che partisse, suo padre invece sognava per lui una vita migliore.


A Rieti Zaid ha trovato pace grazie al progetto Sprar, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, gestito dalla Caritas. In tasca due lauree, radiologia e medicina, prima di arrivare a Rieti,Zaid ha attraversato tante terre: Beirut, Il Cairo, Tripoli. In Libia ha lavorato 10 mesi come farmacista, poi ha scelto l’Europa, sognando una vita più tranquilla. «Eravamo in 455 sulla barca che ci ha portato a Lampedusa – racconta - Siamo stati fortunati, il mare era calmo, avevamo pane e acqua e dopo 23 ore ho raggiunto l’Italia, lasciata quasi subito per cercare fortuna in Germania».

In Germania però la sua richiesta d’asilo è stata respinta e lui rispedito a Roma, prima di giungere a Rieti. Accolto nel progetto Sprar, la sua storia è arrivata fino a Giovanna Manca, titolare dell’omonima farmacia in piazza Marconi, che ha proposto al giovane un contratto con «Garanzia Giovani» per sei mesi. «Durante questo periodo – racconta la dottoressa Manca – Zaid ha imparato, è sempre stato volenteroso. Lo abbiamo assunto a tempo indeterminato come magazziniere, perché al momento la sua laurea non è ancora riconosciuta». «Per la fretta di lasciare la Siria – racconta Zaid - non ho neanche atteso il certificato della seconda laurea in farmacia. Quando ero in Germania me lo hanno spedito, ma è andato perso. Da Rieti ho fatto di nuovo la richiesta e questa volta, grazie a Dio, è arrivato. Per il riconoscimento mancava un esame, sostenuto lo scorso dicembre all’Università di Pavia, dove ho vinto una borsa di studio per rifugiati». Adesso sta preparando la tesi sulle stampanti 3d in medicina. A Damasco per sei anni ha lavorato in ospedale.


«Sono fuggito, altrimenti sarei stato costretto a fare il servizio militare. Non volevo sparare alle persone. Quando ero piccolo la Siria era splendida, un paese come è oggi l’Italia». I suoi occhi si illuminano, prima di rituffarsi nella tristezza dei ricordi di quando lavorava in ospedale. «Ho perso tanti colleghi, ho visto vittime della guerra, bambini senza arti o senza occhi. Un giorno ne sono arrivati tantissimi, noi dottori eravamo pochi e con tutta quella gente disperata è stato drammatico. Oggi non riesco a sentire neppure i fuochi d’artificio. Mi ricordano i bombardamenti». Qualche giorno fa hanno distrutto l’asilo dove andava. «La soluzione non è scappare – dice Zaid - Non è giusto essere costretti a lasciare la propria terra, sarebbe necessario eliminare la guerra, che ha portato via anche mio padre. Mi piacerebbe tornare in Siria. Spero di farcela un giorno e di abbracciare di nuovo mia mamma, le mie tre sorelle e i miei tre fratelli».
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Il Messaggero