Al de Lellis vietato a un figlio di tenere la mano del padre che sta per morire

Al de Lellis vietato a un figlio di tenere la mano del padre che sta per morire
RIETI - Quando la rigidità delle regole in ospedale va a ledere la dignità dei malati, causando dolore anche ai loro parenti. D’accordo con una specifica...

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RIETI - Quando la rigidità delle regole in ospedale va a ledere la dignità dei malati, causando dolore anche ai loro parenti. D’accordo con una specifica regolamentazione interna, così com’è giusta l’osservanza e il rispetto delle regole, ma non è possibile, né umanamente accettabile, non poter tenere la mano ad un proprio caro quando si avvicina l’ora dell’ultimo viaggio.

C’è amarezza e dolore nelle parole del reatino, Gianluca Mancini che ha voluto indirizzare alla direzione dell’Ospedale di Rieti uno sfogo a nome anche di tante altre persone che vivono la sua stessa situazione: il diritto di assistere un familiare anche negli ultimi istanti di vita. «Mi chiedo – spiega mancini – avendo il massimo rispetto per il lavoro svolto dall’intero personale medico-sanitario se è possibile morire oggi con dignità all’interno di un ospedale».

Il riferimento è al padre del reatino ricoverato in condizioni critiche nel reparto di Medicina d’urgenza dell’ospedale San Camillo De Lellis di Rieti. «Ho trovato umanità e professionalità – continua – ma vedo che viene meno l’umanità di chi detta le regole tassative e rigide a carattere generale: una sola ora al giorno di visita e 23 ore da soli anche negli ultimi istanti di vita. Così si calpesta la dignità umana. Non sarebbe possibile aumentare il numero di ore estendendole al mattino, sera e pomeriggio magari con misure di protezione (tamponi, mascherine) e quant’altro? Rimane solo il diritto, ad esempio al pronto soccorso, di essere informati una volta al giorno con una telefonata. Caro direttore queste regole uccidono e ledono anche i familiari inermi che vogliono  dare le loro ultime di parole di conforto ai proprio cari».

Uno spunto di riflessione non di poco conto per tutti.  

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Il Messaggero