Coronavirus, l'ingegnere Antonio Bucci da Cittareale al Politecnico di Torino «Le biotecnologie possono cambiare in meglio il nostro futuro»

Antonio Bucci
RIETI - «Sono quattro mesi che non torno a Cittareale». Antonio Bucci, ingegnere e studente al Politecnico di Torino, non vede la sua famiglia dalle feste di Natale....

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RIETI - «Sono quattro mesi che non torno a Cittareale». Antonio Bucci, ingegnere e studente al Politecnico di Torino, non vede la sua famiglia dalle feste di Natale. «Ho deciso di non scendere quando ho sentito le prime avvisaglie in merito all’emergenza sul Coronavirus - racconta Antonio Bucci - nel mio paese ci sono molti anziani e così ho pensato che fosse meglio rimanere al Nord per evitare rischi».


Prima il liceo scientifico ad Amatrice, poi la laurea di primo livello in Ingegneria Chimica Alimentare conseguita lo scorso anno, ed ora quella magistrale in Biotecnologie Alimentari: Antonio Bucci è partito cinque anni fa dalla frazione di Santa Croce di Cittareale con le idee molto chiare in testa. «E’ un settore molto stimolante e all’avanguardia il nostro - spiega - lavoriamo sui bioreattori, su batteri e microorganismi che possono abbattere la CO2: si tratta di sperimentazioni in piccola scala ancora, ma tutti conoscono già il bioetanolo, biometanolo o il biodiesel che sono una speranza di energia rinnovabile per il nostro futuro».

Proprio la settimana prossima Antonio Bucci sosterrà il primo esame a distanza ma non è molto preoccupato: “Il Politecnico è un istituto all’avanguardia: in una settimana abbiamo avuto subito  a disposizione un sistema virtuale di class room e riusciamo anche a fare attività di laboratorio: mi trovo molto bene ed abbiamo lezioni registrate che possiamo rivedere quando vogliamo; certo fare gli esami e le lezioni in remoto, non è la stessa cosa che dal vivo: il rettore ci aggiorna sui risvolti dell’emergenza e sappiamo già che il prossimo semestre fino al gennaio 2021 sarà svolto in remoto».

La famiglia di Antonio Bucci ha un’azienda agricola a Cittareale ed attualmente riescono a sentirsi con le video chiamate: «non è facile stare via così tanto tempo, anche se ormai sono cinque anni che mi trovo a Torino; qui vivo insieme ad una coppia di amici e quindi per fortuna non sono rimasto del tutto solo. Non vedo l’ora di poter tornare nel posto dove sono nato e cresciuto, ma credo che dovrà passare ancora del tempo».


La famiglia è composta di tre fratelli, il più piccolo che ancora studia ed è proiettato verso l’azienda agricola dei genitori e poi c’è anche Bruno, che proprio quest’anno ha iniziato a studiare a Padova nella facoltà di Astronomia: anche lui ha deciso di rimanere nel nord, in attesa che quest’emergenza passi e che i due fratelli possano tornare ad assaggiare l’aria della Valle Falacrina. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero