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RIETI - I negozi di alimentari di paese, negli anni in cui non solo non esisteva internet ma perfino la televisione era cosa rara, erano ben più di una rassegna stampa quotidiana. Tra vasi di carciofini, prosciutto casereccio e panetti di cioccolato da tagliare a fette, le giornate paesane trascorrevano indolenti e quiete. Al centro storico di Cantalice inferiore, la mattinata si trascorreva quasi tutta in fila all’alimentari di Felice Petrangeli, scomparso nei giorni scorsi a 95 anni, a cui oggi il paese darà l’ultimo saluto.
Per tutti era Felicetto, non solo un commerciante, ma un punto di riferimento fisso per notizie, discussioni e il sano gossip che una volta si chiamava “ciaccula”. Non c’è cantaliciano che non lo ricordi fuori dalle tende a striscette della sua bottega, a salutare passanti e clienti seduto sui ciocchi di legno.
Ma da Felicetto ci compravi pure la gomma da cancellare, i detersivi e quello che serviva per avere tutto il necessario senza dovere scendere “addirittura” a Rieti. A correre, Gina con il suo camice azzurro e Felice che dava chiacchiera a tutti con educazione e sagacia, e teneva i conti a mente, vuoi perché le calcolatrici non c’erano, vuoi perché i commercianti di una volta, sui conti non li fregavi di certo. Sapeva gusti e vizi di tutti, dal burlone a quello che alzava troppo il gomito, dal medico al maresciallo dei Carabinieri, dal sindaco al prete, che nei paesi ricoprono ruoli mai scalfiti dalla patina del tempo.
Proprio di fronte il benzinaio e la farmacia, le Poste e il Comune solo un passo più in là: «Giocavamo a pallone in piazza - racconta Francesco - poi accaldati andavamo a chiedergli un bicchiere d’acqua: lui ci rispondeva tutto serio che c’era la fontana “della Scentella”, potevamo andare lì. Poi però l’acqua ce la dava, era un finto burbero». Paolo Patacchiola è stato sindaco di Cantalice per tanti anni: «Tanti sono gli aneddoti, e non solo da amministratore - racconta - perché ho conosciuto Felice da adolescente. Ricordo soprattutto il suo rigore morale e la severità che usava nel richiamare noi giovani frequentatori del suo locale quando il nostro comportamento non era “adeguato”. Per tutti noi è stato anche un educatore». A tutti in paese mancheranno le chiacchiere, le ricche colazioni e quell’odore inconfondibile che sa di pane fresco e salumi tagliati a mano, ma soprattutto mancherà il sapore di un’epoca genuina e semplice che andiamo dimenticando.
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