Avis presenta Admo: nasce a Rieti l’associazione donatori midollo osseo

Avis presenta Admo: nasce a Rieti l’associazione donatori midollo osseo
RIETI - Avere tra i 18 e i 35 anni, pesare più di 50 chili, essere in buona salute. È l’identikit del donatore dell’Admo, associazione donatori midollo...

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RIETI - Avere tra i 18 e i 35 anni, pesare più di 50 chili, essere in buona salute. È l’identikit del donatore dell’Admo, associazione donatori midollo osseo, che torna a Rieti, con la sede in via Cervellati 3, condivisa con l’Avis, associazione dei volontari sangue.


«Come Avis Rieti – ha spiegato il presidente Aldo Lafiandra - abbiamo raccolto l’invito dell’Admo regionale di dare una mano alla nascita dell’Admo Rieti. Abbiamo offerto il nostro supporto mettendo a disposizione la nostra sede l'esperienza dal punto di vista organizzativo».

Il primo appuntamento, realizzato in comunione tra le due associazioni, è in programma domani, sabato 21 settembre, dalle 8 alle 11.30 nel piazzale antistante il centro commerciale Perseo.

I volontari di Avis e Admo inviteranno alla donazione di sangue e alla tipizzazione per la donazione del midollo osseo, per entrare nel registro nazionale italiano donatori midollo osseo, collegato con tutti i registri del mondo.
«Laddove ci fosse la compatibilità con un ricevente, si può essere chiamati in ogni parte del mondo» spiega il presidente regionale Giulio Corradi, che ha sottolineato l’importanza della sensibilizzazione tra i più giovani. 

Corradi ha poi raccontato la storia di suo figlio Lorenzo, oggi 15enne, colpito da una malattia a 2 anni appena.

«Abbiamo avviato la ricerca di un donatore di midollo – ricorda - e quando stavamo per perdere la speranza è uscito fuori un ragazzo israeliano di 22 anni che era compatibile. Oggi nostro figlio vive grazie al gesto di questo giovane volontario. Io e mia moglie non conoscevamo il mondo dell’Admo, ma abbiamo voluto impegnarci anche noi per permettere che le cose andassero bene anche per altri bambini. Ci siamo tipizzati e il destino ha voluto che dopo appena sei mesi mi chiamassero dal S. Camillo dicendomi che un paziente italiano era compatibile al 100 % con me. A novembre del 2012 ho avuto la possibilità di salvare un’altra vita. Il mio obiettivo è oggi quello di non far restare il Lazio fanalino di coda. Altre regioni riescono a fare 8000 tipizzazioni l’anno, nella nostra regione erano poco più di 300. Con tante difficoltà in 10 mesi siamo arrivati a 1608, un punto di partenza per migliorarci sempre e per dare sempre maggiori speranze di vita a chi soffre».

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Il Messaggero