A Rieti finisce sotto processo il rito abbreviato, il gip Fanelli: «Migliaia di fascicoli fermi, situazione drammatica»

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RIETI - Il rito abbreviato e le trasformazioni che hanno caratterizzato in quasi un quarto di secolo l’introduzione del procedimento speciale nel processo penale, a partire...

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RIETI - Il rito abbreviato e le trasformazioni che hanno caratterizzato in quasi un quarto di secolo l’introduzione del procedimento speciale nel processo penale, a partire dalla legge Carotti, varata nel 1999 con la nascita del Giudice unico e l’apporto di sostanziali modifiche al codice di procedura penale, per finire alla riforma Cartabia. E’ il tema che ha animato a Rieti l’incontro organizzato dalla rinnovata Camera penale all’Auditorium della Fondazione Varrone, in largo San Giorgio, davanti a una platea di penalisti, al quale ha partecipato il gip di Roma Andrea Fanelli (il suo è stato un ritorno in Sabina dove è rimasto diciotto anni) che ha evidenziato il mancato raggiungimento dello scopo deflattivo del numero dei procedimenti che il rito abbreviato si era prefisso di ottenere in termini di risparmio di risorse per lo Stato e di tempo. «A Roma giacciono migliaia di fascicoli in attesa di essere definiti ed è una situazione drammatica perché ci sono parti civili che attendono giustizia” ha detto il giudice, definendo “il rito abbreviato un’anomalia, seppur necessaria, ma che le novità contenute nella riforma Cartabia non hanno contribuito a migliorare».

Novità analizzate nel libro “Profili evolutivi del rito abbreviato”, scritto dall’avvocato reatino Cristian Baiocchi, ispiratore del dibattito che ha offerto spunti anche per gli interventi dell’avvocato Riziero Angeletti, autore di un testo sul procedimento speciale, e dell’avvocato Pietro Carotti, relatore della legge che porta il suo nome, che ha ricordato come «l’idea di introdurre il rito abbreviato nacque dalla durata dei processi che aveva raggiunto una dimensione enorme, e quindi occorreva trovare un compromesso per ridurre i tempi. Il rito abbreviato ha consentito di fare passi in avanti, ma l’opinione pubblica l’ha sempre visto con diffidenza».

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Il Messaggero