«Tu eri lì dimmi di quella sera». A parlare è Marita Comi, moglie di Massimo Giuseppe Bossetti, l'uomo formalmente accusato dell'omicidio volontario di Yara...
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Gli spostamenti del muratore L'accusa, poi, svela un altro dettaglio: Bossetti passò di nuovo davanti alla palestra un’ora dopo la scomparsa di Yara, alle 19.51 del 26 novembre 2010, smentendo la ricostruzione dei fatti di Bossetti, che sostiene di di essere passato su quella strada poco dopo le 18, appena finito il lavoro, giusto per tornare a casa.
La moglie «Sono convinta dell'innocenza di mio marito. Non ho nessun dubbio. Quando ho dei dubbi gli faccio delle domande, com'è logico penso che sia», ha detto, intervistata da 'Quarto Grado, Marita Comi. Ecco l'intervista. Inviato: «Non ha mai trovato in tutti questi mesi qualcosa che davvero facesse vacillare questa fiducia in suo marito, che poi è il padre dei suoi figli?». Moglie: «Sono otto mesi che vengono fuori notizie, che non sono prove sicure». I: «Ora ci sarà una grande prova che vi aspetta. Lei sarà sempre vicina a suo marito?». M:«Certo. Sempre». I: «Seguirà il processo, anche per dargli coraggio?» M: «Sarò sempre vicina a lui.» I: «Magari suo marito legge i giornali? si fa un'idea che magari lei possa abbandonarlo o avere dei dubbi?». M: «No. Assolutamente». I: «Non è vero che non ha mai avuto dei dubbi?». M: «Non ho dubbi». I: «Se ha fatto delle domande a suo marito?» M: «Penso che siano legittime e normali». I: «Nonostante in tutti questi mesi noi giornalisti?la Procura? abbiano trovato quelli che loro ritengono essere indizi, lei non vacilla? lei è convinta?». M: «Sono convinta dell'innocenza di mio marito». I: «Non solo perchè non crede agli indizi, ma anche perchè lo conosce meglio di chiunque altro». M: «Certo». I: «È il padre dei suoi figli. Non può aver fatto quello che dicono?». M: «Assolutamente no.» I: «Decine di migliaia di pagine della Procura per dire che suo marito è l'assassino di Yara». M: «Adesso le vedremo. Adesso sarà possibile leggerle. E vedremo cosa uscirà. Penso che non uscirà niente di alcunchè».
Quel giorno al cimitero Bossetti e la moglie attraversarono insieme il cimitero di Brembate di Sotto, e in quella occasione provarono a cercare la tomba di Yara Gambirasio, senza però trovarla. È quanto emerge dall'informativa dell'inchiesta, in particolare dall'intercettazione di un colloquio in carcere avvenuto il 16 ottobre 2014 fra lo stesso Bossetti, la moglie Marita e la cognata Nadia Arrigoni.
Indagini chiuse Intanto l'inchiesta sull'omicidio di Yara Gambirasio è stata chiusa: i reati contestati a Massimo Bossetti sono l'omicidio volontario e la calunnia. A quattro anni dal giorno dell'omicidio della tredicenne di Brembate Sopra, come scrivono i quotidiani, l'avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato nel pomeriggio di giovedì 26 febbraio a Claudio Salvagni, in qualità di avvocato difensore dell'unico indagato per il delitto, in cella da oltre otto mesi, incastrato dall'indizio del Dna.
Per il reato di omicidio, due le aggravanti contestate. La prima: l'aver «adoperato sevizie e aver agito con crudeltà». È un'aggravante che prevede l'ergastolo. La seconda: Bossetti avrebbe «approfittato di circostanze di tempo (in ore serali/notturne), di luogo (in un campo isolato) e di persona (un uomo adulto contro un'adolescente di 13 anni) tali da ostacolare la pubblica e privata difesa». A Bossetti è stato contestato anche un nuovo reato: la calunnia nei confronti di Massimo Maggioni, uno dei suoi colleghi del cantiere di Palazzago, quello in cui lavorava all'epoca del delitto.
In uno degli interrogatori il muratore di Mapello, nel tentativo di allontanare da sè i sospetti, sarebbe arrivato ad accusare il collega dell'omicidio, dicendo agli inquirenti di indagare sul suo conto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero