Pratica "la tortura dell'acqua" su figliastra 12enne, pediatra condannato a tre anni

Melvin Morse
Ha immobilizzato la figlia 12enne della sua compagna nella vasca da bagno. E l'ha torturata con il waterboarding, la pratica con cui la vittima subisce un'annegamento...

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Ha immobilizzato la figlia 12enne della sua compagna nella vasca da bagno. E l'ha torturata con il waterboarding, la pratica con cui la vittima subisce un'annegamento controllato con l'acqua che invade le vie respiratorie e viene salvata dalla morte appena in tempo. Per questo motivo un pediatra del Delaware, Usa, è stato condannato a scontare tre anni di carcere più due di libertà vigilata. Il volto dell'uomo compevole degli abusi mostrato in tv è particolarmente noto: Melvin Morse, 60 anni, è infatti comparso nell'"The Oprah Winfrey Show" e in altri programmi televisivi.




L'uomi si è difeso dicendo di aver scherzato con la ragazzina facendo una sorta di esperimento con l'acqua. La giuria non gli ha creduto e lo ha condannato per aver computo ben sei tipi di abusi nei confronti della minore. La bambina da parte sua durante il processo ha detto di essersi sentita prigioniera e in balia dell'uomo. Sua madre Pauline Morse ha acettato di testimoniare contro il suo compagno, ma questo non ha impedito alla giuria di mettere la piccola in stato di affidamento. La storia del waterboarding è venuta alla luce dopo che la ragazzina è fuggita in casa di un amico dopo essere stata sculacciata dall'uomo. Prima ha raccontato degli abusi ai suoi amici e poi alla polizia.



Il waterboarding è una forma di tortura consistente nell'immobilizzare un individuo in modo che i piedi si trovino più in alto della testa, e versargli acqua sulla faccia. Si tratta di una forma di annegamento controllato. Il soggetto sottoposto a tortura dell'acqua non può controllare il flusso dell'acqua né interromperlo. Può sopravvenire la morte per soffocamento se la tortura non è interrotta. A seconda delle tecniche di esecuzione, la tortura dell'acqua può non condurre a danni fisici permanenti, anche se in ogni caso causa dolore estremo. Sono possibili danni polmonari, danni cerebrali derivanti dalla riduzione dell'apporto di ossigeno, oltre che danni fisici quali fratture derivanti dal tentativo di liberarsi. In ogni caso la pratica induce danni psicologici. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero