Palermo, mazzette all'Inail: sequestrati beni per mezzo milione al vicedirettore

Aveva  messo in piedi un vorticoso giro di “mazzette” all’Inail, di cui era un alto rappresentante. A finire nei guai, il direttore della sede di...

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Aveva  messo in piedi un vorticoso giro di “mazzette” all’Inail, di cui era un alto rappresentante. A finire nei guai, il direttore della sede di Termini Imerese e poi vicedirettore della sede del capoluogo siciliano, Palermo. Adesso il 67enne Giuseppe La Mantia – accusato di corruzione, truffa e altri gravi reati in seguito a un’operazione messa a segno l’anno scorso – è stato colpito da sequestro “per equivalente” di immobili nelle contrade palermitane Baida e Gebbia di Baida, di una Jaguar “S Type” e di svariati conti correnti per 516mila euro di controvalore complessivo ad opera dei finanzieri del Gico (il Gruppo investigazioni criminalità organizzata) palermitano, guidato dal colonnello Massimiliano Fortino. Misura disposta dalla Sezione di prevenzione del Tribunale di Palermo (presidente, Raffaele Malizia) su richiesta del procuratore aggiunto Bernardo Petralia e del pm Gaspare Spedale.

 
I soldi che finivano nelle tasche di La Mantia tracciavano la differenza, ai suoi occhi facendo “evaporare” – illecitamente – i limiti invalicabili alla concessione del Durc (Documento unico di regolarità contributiva) solo a fronte di una cospicua “stecca”, a vantaggio d’imprese che in alcuni casi avevano cartelle esattoriali pendenti anche per oltre un milione di euro. In questo modo, tra l’aprile del 2007 e il dicembre del 2012 numerose imprese hanno indebitamente preso parte ad appalti pubblici ovvero ottenuto pagamenti dalla Pubblica amministrazione, pur evadendo sistematicamente contributi Inps e Inail.
 
A volte, la “mazzetta” era costituita dalla possibilità di usare gratuitamente cellulari e auto di lusso, in altri casi sfidando la tracciabilità veniva corrisposta direttamente tramite bonifico (magari al conto corrente intestato a parenti e affini). Ma la “tecnica” di Giuseppe La Mantia era quasi eccelsa nella manipolazione, degna di un prestigiatore, con cui afferrava le banconote offertegli dall’imprenditore-corruttore di turno nel salutarlo, con calore proporzionale agli importi.
«Lui lo può fare?», gli chiede l’imprenditore Giuseppe Scaglione, accompagnato dal fratello Carmelo in uno dei tanti dialoghi con La Mantia captati dagli investigatori. «Tante cose si possono fare, però c’è il problema che ci vogliono… ci vogliono prima…», replica il dirigente Inail. Scaglione capisce al volo e completa la frase: «…i proiettili», e nel pronunciare il vocabolo “proiettili” con la mano fa il segno dei “picciuli”, dei soldi insomma.
 
La caratura criminale di La Mantia è comunque attestata anche da altre circostanze. L’elemento apicale dell’Inail siciliano sarebbe stato a lungo il “cassiere” della cosca Madonia, risultando peraltro assai vicino pure al capomandamento del quartiere San Lorenzo, Vincenzo Giacalone, e a esponenti mafiosi dell’Arenella come il costruttore Camillo Graziano. Mentre secondo alcuni collaboratori di giustizia, Giuseppe La Mantia sarebbe stato persino tra i partner criminali nel settore appalti di Angelo Siino, il celebre “ministro dei Lavori pubblici” di Cosa Nostra.
 
Un uomo, Giuseppe La Mantia, considerato «socialmente pericoloso» in quanto «dedito a traffici delittuosi». Una volta “attenzionato” dalle Fiamme gialle, più volte ha chiesto ai colleghi di far sparire incartamenti per lui pericolosi; perfino a perquisizioni dei finanzieri in corso.
Rispetto ai Durc, poi, sovente riusciva a simulare una situazione adamantina in capo agli imprenditori “protetti”; ad esempio, annotando una rateizzazione del dovuto in realtà mai concessa dall’Istituto, anche perché neanche mai richiesta.
In altri casi, però, le “rate” c’erano davvero: erano quelle destinate al suo portafoglio. «A poco a poco stiamo risolvendo – gli dice, davanti alla telecamera nascosta dei finanzieri, un imprenditore che mostra avere notevole familiarità col dirigente Inail –, le faccio avere 50 euro alla settimana: li raccolgo e glieli porto. D’altronde, quando una persona merita…».
 

E poi ci sono i ritenuti rapporti con figure come Fortunato Porretto e il consulente del lavoro Giuseppe Damiata, quest’ultimo considerato dagli inquirenti il vertice di un vero “sistema” per raggirare gli Istituti competenti in materia previdenziale e infortunistica, che avrebbe previsto poi la divisione degli utili proprio con La Mantia. In un caso, i due parlano tra loro proprio del loro “amico” all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. «In tutto è un pezzo forte, in tutto: c’ha belle amicizie. All’Inail comanda lui, fa quello che minchia vuole: è molto furbo, sai?, non è un cretino» fa Damiata. «Giuseppe, ti pare che è cretino…», afferma di rimando Porretto, “richiamando” la conclusione di Giuseppe Damiata: «Ecco perché ti dico: uno s’ha a tenere vicino a chiddi scaltri! Chiddi che puonno fare i favuri… no ‘a munnizza». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero