Va di moda la “cattiveria”. La parola “cattiveria” è sempre più diffusa nel linguaggio calcistico, ma non solo. «È un attaccante...
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Ma il vocabolo “cattiveria” è di moda non solo al bar sport: dilaga fra giornalisti, commentatori, intellettuali, allenatori, presidenti. Forse l’inno alla “cattiveria” è in sintonia coi nostri giorni in cui è diventato di uso corrente il dispregiativo “buonismo”, un termine sarcastico in voga già da un bel po’. Chi si appella a valori positivi è “buonista”, chi apprezza la stretta di mano fra avversari a fine partita è “buonista”. Secondo molti tifosi romanisti, Dzeko è un giocatore anche bravo, ma che manca di “cattiveria” perché ha un atteggiamento quasi sempre garbato e gentile (quello che secondo me fa di lui un vero campione). Lo so, la lingua cambia, fra un po’ mi adeguerò anch’io, e per praticità dirò che quell’attaccante è “cattivo” anziché dire che è preciso davanti alla porta, che è veloce nell’esecuzione, che è imprevedibile, che ha una mira infallibile. Ma ancora per un po’ evito la nuova moda. Mi limito a fare un augurio a tutti quelli che usano con sarcasmo la parola “buonismo”: quando soffriranno per una carie, auguro loro di incontrare un dentista tutt’altro che “buonista”, un dentista col trapano “cattivista”. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero