Vitalizi, lobby in campo: così i reduci salvano l’assegno

Vitalizi, lobby in campo: così i reduci salvano l’assegno
Organizzano convegni, riunioni, incontri, gruppi di pressione per intervenire «in tutte le sedi istituzionali». E quando finiscono sotto attacco, cosa che avviene...

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Organizzano convegni, riunioni, incontri, gruppi di pressione per intervenire «in tutte le sedi istituzionali». E quando finiscono sotto attacco, cosa che avviene ormai con una certa frequenza, non offrono più l’altra guancia, passano alla controffensiva. È la lobby del vitalizio: associazioni di ex parlamentari ed ex consiglieri regionali. Politici in quiescenza che vogliono conservare integro il loro assegno mensile, proteggerlo dai tagli, o meglio dal “contributo di solidarietà” imposto in molte regioni. 


Cosa non farebbero per difenderlo: hanno pensato persino di stampare un numero speciale del loro bollettino per ricostruire il profilo storico. Qualcosa tipo: il vitalizio dalla nascita ai giorni nostri. 

GLI OBIETTIVI
Conta il loro passato di onorevoli e amministratori, certo. Ma anche il futuro e per futuro loro intendono i successori. La loro proposta è studiare una forma previdenziale di tipo mutualistico, magari chiamandola in un altro modo per evitare l’accostamento con l’odioso simbolo della casta. Tra i buoni propositi elencati nell’ultima rimpatriata, una sorta di assemblea plenaria, quello di «agire sull’informazione» per contrastare «la campagna di falsità e manipolazione dell’opinione pubblica».

Fanno sul serio, insomma. Ogni regione ha la sua associazione di “reduci” - prevista dallo statuto - con tanto di sede, presidente, ufficio di presidenza, segreteria. Ogni iscritto paga una quota di 25 euro al mese. «Siamo stanchi essere trattati come appestati e vogliamo far sentire le nostre ragioni», protesta Donato Robilotta, ex consigliere laziale con due legislature alle spalle. E ancora: «Vogliono farci pagare il contributo di solidarietà? Bene. Cioè male perché nel mio caso influisce per circa 1000 euro al mese. Ma almeno ci dicano dove finiscono i nostri soldi. Non è giusto che finiscano nel calderone della spesa pubblica, spesa che tra l’altro ha continuato ad aumentare nonostante il numero dei consiglieri sia sceso da 70 a 50. Abbiamo chiesto un incontro al presidente Zingaretti che non si è degnato di riceverci».

Uno dei compiti che l’associazione degli ex consiglieri della Pisana si è assunto è sensibilizzare gli iscritti e preparare i ricorsi. Prima al Tar, poi alla Suprema corte che di recente ha sentenziato: sui tagli la decisione spetta al tribunale civile.

Il vento dell’anti-politica si alza? La lobby soffia ancora più forte e si organizza. Vorrebbe fungere da sindacato e qualche risultato a dire il vero lo ha già raggiunto. Il ricorso al tribunale civile, nel Lazio, ad esempio, è stato presentato dal presidente dell’associazione Enzo Bernardi e da ben 87 ex consiglieri regionali di diversa origine e provenienza politica. Tutti uniti per la causa comune: il vitalizio. «Abbiamo preso un impegno: se i giudici ci daranno ragione i soldi che ci verranno restituiti li doneremo alla Caritas», promette Robilotta, un punto di riferimento per tutti i suoi colleghi. 

Una delle più antiche associazioni di “ex” è quella della Ars siciliana fondata nel 1985 su iniziativa di Giuseppe Alessi, primo presidente della Regione. Vi aderirono sin dall’inizio un buon numero di deputati essendo la Regione già all’ottava legislatura. L’obiettivo, si legge sul sito dell’associazione, era «non affievolire i rapporti di amicizia che si erano creati a Sala d’Ercole, ferme restando le diversità culturali e politiche, di mantenere e rafforzare i vincoli unitivi di rapporti personali». 

Per la cronaca: nell’Isola l’istituto del santo vitalizio è abbastanza diffuso, lo percepiscono in 300. Costo ogni anno di 19 milioni di euro, L’assegno più consistente ammonta a 11 mila euro lordi. Il più leggero a 2.400. In totale le retribuzioni degli ex consiglieri italiani incidono sulle casse delle regioni per 170 milioni di euro.

GLI INCONTRI
Qualche tempo fa il coordinamento delle associazioni degli ex propose di bussare alla porta di viale Mazzini per chiedere un incontro al presidente della Rai. «Non è accettabile - si legge nella relazione annuale dell’ex consigliere regionale Antonello Falomi, - che il servizio pubblico radiotelevisivo sia la punta avanzata di una informazione distorta e offensiva». La linea è che «i casi limite si contano sulle dita di una mano come se fossero la norma» e che la realtà è molto diversa. E che quando si fanno i confronti fra contributi versati e somme percepite si dimentica la quota a carico dell’azienda, «che nel nostro caso sono le due Camere».

Tra i progetti allo studio quello di prendere contatto con tutte le organizzazioni sindacali di pensionati, «verificare le condizioni per organizzare iniziative comuni».

I nemici della lobby sono i giornali, le tv che li attaccano e i comitati anti-vitalizi. In Trentino Alto Adige uno dei comitati si è costituito parte civile per chiedere all’ex presidente della Regione, Rosa Thaler Zelger, rinviata a giudizio dalla Procura di Bolzano, la restituzione di 10,9 milioni di euro. Soldi che l’ex governatrice avrebbe elargito con generosità calcolando un tasso di sconto troppo favorevole per il suo vitalizio e per quello dei suoi ex consiglieri.

In Puglia questo non è ancora successo. Anche se lo scorso 13 settembre l’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale ha stabilito che soltanto l’84,26% delle somme percepita dagli ex consiglieri è soggetta al prelievo Irpef. E il restante 15%? Non verrà tassato. Un regalino. E chissà che anche questa volta non ci sia lo zampino della lobby. 
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Il Messaggero