Virginia e i vertici/La ghigliottina che copre responsabilità

Virginia e i vertici/La ghigliottina che copre responsabilità
Molti ricorderanno, anni fa, una copertina dell’Economist in cui si definiva Berlusconi «unfit» a governare. Da quel momento, il termine inglese - che si traduce...

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Molti ricorderanno, anni fa, una copertina dell’Economist in cui si definiva Berlusconi «unfit» a governare. Da quel momento, il termine inglese - che si traduce con “inadatto” e “incapace” - è entrato nell’uso quasi quotidiano. In quel caso suonò come una ingerenza anti-patriottica, oggi non ve n’è di migliore per definire la rovinosa esperienza dei 5 Stelle romani e di quelli nazionali. Che si stanno dimostrando totalmente inadeguati a governare alcunché, con un misto di improvvisazione, di furbizia da legulei e di malafede.


Tutti fenomeni già visti in altre loro esperienze di governo municipale, come a Parma e Livorno, ma che nel caso di Roma assumono proporzioni gigantesche, non solo perché si tratta della capitale ma perché questa viene (veniva?) considerata la palestra grazie alla quale i grillini dovrebbero (avrebbero dovuto?) dimostrare di essere in grado di guidare nientemeno che il Paese. Se questi sono i presupposti, non vi sono neanche le basi di partenza. I problemi infatti sono di diverso ordine. C’è un rapporto con la verità piuttosto distorto, per usare un eufemismo. 


Qualcosa con cui i politici giocano sempre ma che nel caso del duetto dell’altro ieri Raggi-Muraro, raramente ha raggiunto tali vette di ambiguità da un lato e di improvvisazione dall’altro. Fino alla motivazione, avanzata dall’assessore Muraro, di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia, che nel caso, come è stato ben spiegato ieri su queste colonne, non era necessario. Bisognerebbe rendersi conto che l’opinione pubblica non è costituita da sprovveduti. Il secondo problema è quello dell’ideologia stessa che il movimento si è dato, e che ha contributo a costruirne la fortuna. Il M5S è cresciuto accusando i politici, tutti i politici, di ogni nefandezza, a cominciare da quella di mentire agli italiani. E pretendendo dimissioni immediate da chiunque fosse anche solo un po’ discusso, ben prima di ricevere un avviso di garanzia.

Una scala di valori che almeno Raggi, se non lo stesso Direttorio, non sembrano però voler applicare a loro stessi, almeno in questa vicenda. Non a caso, il sindaco di Parma Pizzarotti, di cui la stessa Reggi chiese a suo tempo le dimissioni, ha giustamente denunciato due pesi e due misure. In ogni movimento politico v’è uno scostamento tra la retorica di opposizione e quella di governo, quando il movimento vi arriva. Eppure raramente il divario è apparso in maniera così eclatante, e prima ancora che l’iniziativa di governo locale sia cominciata - la giunta non ha pressoché ancora prodotto nulla. Il terzo, e più grave problema, è il rapporto di forze interno al M5S e l‘autonomia della sindaca di Roma. Raggi ha dichiarato di aver informato Di Maio dell’indagine su Muraro, ma Di Maio e anche Grillo hanno negato.

Chi ha ragione? Delle due l’una, o i 5 Stelle sono un movimento omertoso che non trasmette all’esterno notizie così importanti oppure di Maio ha taciuto e non ha fatto nulla perché le cose andassero diversamente. Inoltre il Direttorio ha chiesto le dimissioni dell’assessore all’ambiente Muraro, la cacciata di Marra, vice capo di gabinetto, e di Romeo, capo della segreteria politica, e anche la defenestrazione dell’assessore al Bilancio, De Dominicis, per le sue gaffe e i legami con lo studio Sammarco.
 
Al di là delle motivazioni del Direttorio, e degli errori gravi commessi dalla sindaca, è intollerabile che un organo di partito composto da deputati nazionali imponga al sindaco di una città decisioni che sarebbero esclusivamente di sua competenza, quasi una sorta di commissariamento. 

Vedremo la risposta di Raggi. E’ chiaro tuttavia che le dimissioni indispensabili dell’assessore Muraro non cambiano i termini del problema, e che la ghigliottina del Direttorio è più rivolta a placare la base in rivolta che non a dare risposte all’opinione pubblica e ai cittadini romani. I quali, magari attendendo autobus che non arrivano mai, si chiedono: ma chi governa a Roma? E soprattutto, ne è in grado?

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Il Messaggero