Vietato l’uso delle email dal Ministero di Giustizia

Vietato l’uso delle email dal Ministero di Giustizia
Mandare una email può costituire un illecito disciplinare. È quanto accade nel Ministero della Giustizia, proprio negli uffici della DGSIA, la Direzione Generale...

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Mandare una email può costituire un illecito disciplinare. È quanto accade nel Ministero della Giustizia, proprio negli uffici della DGSIA, la Direzione Generale Sistemi Informativi Automatizzati, con una disposizione a firma del Direttore Generale, Pasquale Liccardo, viene vietato l’uso della posta elettronica per tutte le comunicazioni tra personale della stessa sede fisica di lavoro e la disposizione potrebbe comportare anche delle sanzioni disciplinari.


Un’azione priva di alcuna motivazione, anacronistica quanto contraria agli sbandierati principi di corretto funzionamento e di efficacia della Pubblica Amministrazione.

«Dopo anni in cui la Pubblica Amministrazione rincorre la digitalizzazione ed il Ministero della Giustizia si vanta di aver avviato il Processo Civile Telematico, un simile provvedimento risulta incomprensibile ed ingiustificato, a maggior ragione se si pensa che proviene da una Direzione che dovrebbe massimizzare l’uso degli strumenti informatici. Tutto ciò ha del paradossale …” - afferma Claudia Ratti Segretario Generale della Federazione CONFINTESA Funzione Pubblica- “ancor più se pensiamo che la stragrande maggioranza dei destinatari della disposizione sono proprio gli ‘informatici’».

«Abbiamo chiesto spiegazioni ricordando che anche i vertici della Pubblica Amministrazione hanno delle regole da rispettare e non sono depositari di un potere assoluto sulla posta elettronica dei dipendenti. - continua la Ratti - Possiamo immaginare che il personale dipendente, pur di non incorrere in contestazioni disciplinari, rallenterà le attività per adeguarsi a disposizioni incomprensibili e dai risvolti tragicomici. Non è questa la Pubblica Amministrazione che vogliamo, e vedere dei lavoratori incomprensibilmente ostacolati nel svolgere il proprio lavoro ci lascia senza parole». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero