Gli uomini della squadra mobile di Vibo Valentia e del commissariato di Serra San Bruno, con il supporto del Servizio centrale operativo di Roma e del Reparto prevenzione crimine...
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Dalle indagini sono emersi, riferisce la polizia, «i complessi equilibri che portarono alla consumazione dell'agguato mafioso» nel quale rimasero gravemente feriti i due fratelli «dipingendo un quadro a tinte fosche fatto di trame ordite, senza soluzione di continuità, dagli Inzillo, contigui agli Emanuele» per arrivare all'eliminazione della controparte, «espressione invece della famiglia Loielo». Come spiega la polizia, sullo sfondo del progetto criminale ha trovato poi sfogo l'operato delle «'donnè della famiglia Inzillo: operato che si è contraddistinto per l'inusitata violenza delle affermazioni, per la determinazione evidenziata nei propositi omicidiari, per il costante incentivo all'azione assicurato in favore dei 'maschi buonì della famiglia (ossia gli uomini capaci di commettere le azioni delittuose) nonché per l'apporto che in prima persona le stesse hanno garantito nella custodia delle armi». Non hanno infatti esitato «a coinvolgere anche l'anziana madre», che è stata indotta dalle figlie a nascondere una pistola nella propria biancheria intima, al fine di fugare eventuali controlli da parte delle forze dell'ordine. Maggiori dettagli verranno forniti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11 di oggi alla Questura di Vibo Valentia alla presenza del procuratore capo Nicola Gratteri. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero