Vibo Valentia, colpi di fucile contro migranti: un morto. Ipotesi vendetta dopo un furto

Aveva accompagnato due amici del Mali, come lui, a raccogliere alcune lamiere per la loro baracca. Ma da quel viaggio a piedi dalla tendopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria)...

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Aveva accompagnato due amici del Mali, come lui, a raccogliere alcune lamiere per la loro baracca. Ma da quel viaggio a piedi dalla tendopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria) ad un vecchio stabilimento abbandonato in località «ex Fornace» di San Calogero, Sacko Soumali, di 29 anni, è tornato morto. Ucciso da un pallettone sparato da un fucile che lo ha centrato alla testa. 

 
Un omicidio su cui i carabinieri della Compagnia di Tropea ed i magistrati della Procura di Vibo Valentia sembrano essere prossimi a giungere alla soluzione. Una pista ben precisa, infatti, sarebbe stata imboccata per dare un nome ed un volto a colui che nel tardo pomeriggio di ieri ha sparato quattro colpi di fucile, uccidendo Soumali e ferendo due suoi connazionali. E non si tratta di xenofobia. Di questo gli inquirenti sembrano esserne certi e così le attenzione si sono rivolte sul movente della vendetta per l'asportazione delle lamiere.



A raccontare ai carabinieri cosa è successo è stato Drame Madiheri, 39 anni, rimasto lievemente ferito ad una gamba. Un racconto ripetuto oggi all'Ansa: «Servivano delle lamiere e siamo andati in quella fabbrica. Siamo partiti a piedi dalla tendopoli e giunti sul posto avevamo fatto in tempo a recuperare tre lamiere quando qualcuno è arrivato a bordo di una Fiat Panda vecchio modello e ci ha sparato addosso, Sacko è caduto colpito alla testa. Io ho sentito un bruciore alla gamba. Ho visto quell'uomo, bianco, con il fucile. Ha esploso quattro colpi dall'alto verso il basso». Un racconto che adesso è la base di partenza per gli investigatori per risalire all'autore. Il ferito è stato subito soccorso e trasportato nell'ospedale di Reggio Calabria, ma la gravità della ferita non gli ha lasciato scampo ed è morto prima che i medici potessero fare qualcosa per tentare di salvarlo. Teatro della tragedia una vecchia fornace nel comune di San Calogero, a pochi chilometri dalla tendopoli.


Una struttura abbandonata dopo che, una decina d'anni fa, fu sequestrata nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Vibo Valentia perché nel suo sottosuolo sarebbero state stoccate illecitamente oltre 135 mila tonnellate di rifiuti pericolosi e tossici. La vittima era regolare in Italia, come i due connazionali. Nel nostro Paese era giunto prima del 2010. Lui viveva nella nuova tendopoli, ma aveva deciso di aiutare i due amici che invece abitano nella baraccopoli situata a poche centinaia di metri dalla prima. Una baraccopoli nata nel 2010, dopo quella che fu definita la «rivolta di Rosarno», con giorni di scontri che videro contrapposti i migranti che annualmente affollano la piana di Gioia Tauro in cerca di un lavoro nei campi, e gli abitanti del paese. Una rivolta nata dopo alcuni colpi di fucile caricati a pallini sparati contro tre nordafricani. Più volte si è parlato dello smantellamento della baraccopoli e di una sistemazione dignitosa dei migranti, ma fino ad ora la situazione è rimasta invariata. Soumaila era in prima fila nelle lotte dell'Unione Sindacale di Base per i diritti sindacali e sociali dei braccianti, dicono adesso i sindacalisti che per domani hanno proclamato uno sciopero dei braccianti della piana di Gioia Tauro.
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Il Messaggero