NEW YORK – Riceverà un miliardo di dollari come risarcimento per quello che ha sofferto quando a soli 14 anni è stata stuprata da una guardia giurata. Un...
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La società è già stata riconosciuta colpevole di aver assunto guardie che non avevano il background e la preparazione per girare armate. Ma adesso una giuria ha quantificato in dollari la colpa della “Crime Prevention Agency”: un miliardo di dollari.
Mai prima di ora una giuria aveva proposto simili cifre per risarcire la vittima di uno stupro. Siamo arrivati nel passato a vari milioni di dollari, ma mai a un miliardo. Chris Stewart, l’avvocato che ha difeso la giovane, ha reagito: «Adesso le giurie sanno che non esiste un tetto ai danni che uno stupro può causare a una donna».
Dal canto suo Hope ha voluto dedicare la sua vittoria a tutte le donne che hanno subito violenze: «Questa è la prova che la gente ha capito quanto può essere sconfinato il dolore causato da uno stupro».
La violenza contro Hope è avvenuta nel 2012. Nel processo penale, l’uomo, il 28enne Brandon Lamar Zachary, è stato condannato a 20 anni di prigione. Nello stesso processo, la società di sicurezza è stata riconosciuta colpevole di aver assunto personale, e di averlo armato, senza accertarsi del loro background. La sentenza passata adesso conclude invece il processo civile, che la madre di Hope ha voluto intentare contro la società.
Non è certo quanto e quando la giovane potrà intascare la cifra che secondo la giuria le è dovuta per ripagarla della sofferenza subita. La “Crime Prevention Agency” ha annunciato che farà ricorso perché la cifra venga ridotta. L’avvocato di Hope ammette che probabilmente la cifra verrà dimuinita, ma insiste: «Questa è comunque una vittoria simbolica di grande importanza perché si riconosce che non esiste una cifra che possa disfare il danno che si fa a un donna quando viene stuprata».
Intanto Hope, che studia all’università, ha annunciato che intende dedicarsi all’assistenza delle donne senzatetto, «le più esposte e fragili di tutte». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero