Usa-Cuba, si apre una miniera di talenti per la major League americana di baseball

Usa-Cuba, si apre una miniera di talenti per la major League americana di baseball
La ripresa delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cuba è stata salutata da tutto il mondo con grande soddisfazione. Finisce un’epoca di chiusure, diffidenze, barriere e...

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La ripresa delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cuba è stata salutata da tutto il mondo con grande soddisfazione. Finisce un’epoca di chiusure, diffidenze, barriere e già si cominciano a valutare i tanti effetti che la decisione presa da Barack Obama potrebbe avere nella vita concreta di tutti i giorni.




Tra le conseguenze positive dell’apertura rientra uno dei pochissimi legami che, nonostante l’embargo, hanno continuato a unire i due paesi: il baseball. Sport americano per eccellenza, un po’ come da noi il calcio, anche a Cuba lo si pratica abitualmente. Nel 1999, quando Fidel era al potere e alla Casa Bianca sedeva Bill Clinton, fu organizzata una cena a L’Avana in cui il dittatore dell’isola incontrò i dirigenti del campionato americano di prima categoria per preparare un match tra i Baltimore Orioles e la nazionale cubana. Castro si disse favorevole all’idea che le squadre statunitensi potessero aprire delle scuole nell’isola per far allenare i giovani cubani, un po’ come avveniva nella Repubblica domenicana. La partita alla fine si fece e fu vinta dal team di Baltimora.



Oggi, a 15 anni da quell’incontro, con la possibilità di rendere più facili i viaggi e le operazioni di credito, quell’eventualità suggerita da Fidel potrebbe attuarsi. Alla presa del potere di Castro nel 1959, il gruppo di giocatori cubani, uno dei più grandi al di fuori degli Stati Uniti, dovette rinunciare a gareggiare nelle squadre americane di prima categoria, eccetto per quelli che riuscirono a lasciare l’isola.



Nella stagione 2014 della major League si è toccato il numero più alto (19) di giocatori di origine cubana dal 1967, quando si arrivò a 30 atleti. Ma procuratori sportivi e manager si sono detti certi che potrebbero essere molti di più, se alle squadre fosse data la possibilità di mandare a Cuba propri rappresentanti per individuare i giocatori più promettenti e ingaggiarli. Un po’ tutti, dagli allenatori ai tifosi, dai manager agli agenti sportivi, hanno cominciato a scommettere su quando avranno finalmente inizio questi ingaggi. Ci si è chiesti, ad esempio, se ora la major League non sarà tentata di mandare i Tampa Bay Rays, una squadra con scarso seguito, a L’Avana, dove susciterebbe molto più entusiasmo.



Ma non va dimenticato che l’embargo resta, l’annuncio di Obama è solo un programma di intenti che solo il Congresso (a maggioranza repubblicana) può rendere effettivo. E i dirigenti del campionato, preoccupati dalle reazioni al messaggio del presidente, si sono affrettati a mandare una comunicazione ufficiale a tutte e 30 le squadre, in cui ribadiva che resta vietato andare a caccia di campioni a Cuba.



Stessa cosa vale per gli ingaggi. Se venisse stabilito un autentico rapporto di collaborazione, l’isola castrista, con i suoi 11 milioni di abitanti, non sarebbe soltanto una miniera di talenti per la major League americana, ma un vero e proprio mercato. Il baseball, nell’ultimo decennio, ha sviluppato occasioni di crescita a livello internazionale, soprattutto in Asia e Australia, alla ricerca di nuove entrate. Cuba - è la speranza degli Usa - potrebbe aggiungersi alla lista dei paesi in cui questo sport diventa business.

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Il Messaggero