Rosalie voleva solo essere amata. Come tutte le 13enni avrebbe voluto delle compagne con cui scambiarsi vestiti e confidenze e un primo amore da preservare. Ma tutto quello che ha...
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Rosalie Avila è stata portata immediatamente in ospedale, ma dopo tre giorni ne è stata dichiarata la morte cerebrale. Solo allora i genitori, con un nodo in gola, hanno deciso di staccare il supporto che la teneva in vita. Adesso di quella ragazzina che portava il sorriso ovunque andasse rimangono i sogni infranti e quella lettera lasciata sul comodino della sua stanza: «Scusatemi» scriveva ai genitori aggiungendo di averlo fatto perché era «brutta» e «una perdente».
«Mia figlia aveva tutta la vita davanti a sé - ha detto il padre Freddie a NBC 7, soffocando le lacrime - Ora continuo a pensare a cosa avrebbe potuto fare o cosa sarebbe potuta diventare. Voleva fare l'avvocato per rendere il mondo un luogo migliore. Aveva buoni voti a scuola, amava cantare ed era amorevole. Adesso mi rimangono solo i ricordi». Freddie ha anche ricordato il terribile momento in cui è stato svegliato nel cuore della notte da quell'urlo che proveniva dalla stanza della figlia: «Sono entrato e l'ho trovata appesa a una corda al soffitto».
Una tragedia che si poteva evitare, secondo i genitori di Rosalie, se solo fossero state prese misure più incisive per evitare che continuasse a essere perseguitata: «Il sorriso di mia figlia illuminava ogni stanza - ha aggiunto Freddie - ma negli ultimi tempi avevo notato che c'era qualcosa che non andava. Avevo scoperto un diario in cui segnava tutti i nomi dei ragazzi che la prendevano in giro. Ricordo ancora un paio di sere in cui era tornata e mi aveva raccontato che i bulli la prendevano in giro per i denti. Io la rassicuravo dicendo che era bellissima, che presto avrebbe tolto l'apparecchio e che sarebbe andato tutto bene. Ma lei mi aveva replicato che non l'avrebbero mai lasciata in pace».
Secondo Sarah Zebaneh, la zia di Rosalie, la scuola era a conoscenza delle angherie che la ragazzina doveva subire e che era seguita da un terapista: «Nessuno può capire lo stato di totale sconforto in cui si trova la nostra famiglia. Siamo confusi e con il cuore a pezzi. Vorrei che quantomeno la morte di Rosalie fosse un monito per gli altri ragazzi. Non è giusto fare i prepotenti gli uni con gli altri. Non è giusto prendere in giro i propri compagni per come sono o per quello che indossano. Tutto questo deve finire. Diciamo basta al bullismo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero