Unità in frantumi/Il caos lancette segno dei tempi

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Sul quadrante dell’orologio di Bruxelles, quasi un appuntamento con la Storia. Quasi un appuntamento con la Storia nelle parole del presidente della Commissione, il...

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Sul quadrante dell’orologio di Bruxelles, quasi un appuntamento con la Storia. Quasi un appuntamento con la Storia nelle parole del presidente della Commissione, il lussemburghese Juncker, che pomposamente annuncia la proposta di abolire il passaggio dall’ora legale a quella solare (“o viceversa”, preciserà un portavoce). La ragione? Milioni di cittadini europei si sono espressi online. “La gente vuole questo. E lo faremo”.


Peccato che le cose non stiano proprio così, e che i tempi e i modi per riassestare le lancette non siano poi così scontati. Al termine del giro di quadrante, cioè di tutti i passaggi che l’eurocrazia impone alle direttive comunitarie, Paesi vicini potrebbero ritrovarsi ad avere fusi diversi. Senza contare i costi energetici che per l’Italia potrebbero peggiorare. Una Babele com’è l’Europa, ma nella quale, ancora una volta, a decidere sono in eterno i piani alti: il blocco dei Paesi del Nord. Germania e Scandinavi in prima linea. Con il Mezzogiorno – Italia, Grecia e Malta – sempre in ritardo sulle scelte, a dissentire invano.

E Madrid che invece brucia i tempi e sincronizza le lancette con Berlino, approva infatti l’abolizione ma si lascia il tempo di decidere se mantenere la cortesia di Franco verso Hitler (avere il fuso della Germania invece di quello, che sarebbe naturale, del Regno Unito). La Spagna lancetta piccola di quella tedesca. E sul quadrante europeo s’intarsiano le finestre nazionali con orari diversamente calcolati, specchio degli alterni schieramenti nel Consiglio dell’Unione.


Un’Europa a doppia velocità, verrebbe da dire. L’ora come l’Euro. Resta che la decisione sul fuso a cui aderire è esclusiva degli Stati nazionali, mentre l’obbligo o meno di spostare un’ora avanti e indietro due volte l’anno spetta a Bruxelles su proposta della Commissione, da approvare a maggioranza nel Consiglio e ratificare all’Europarlamento (che lo scorso febbraio aveva detto no). Una breve ma importante precisazione: a votare online sono stati 4.6 milioni di cittadini europei, ma quasi il 4 per cento dei tedeschi, circa 3 milioni. Mentre in Italia soltanto lo 0.04 per cento. Così non vale, ovvio. È la crono-democrazia. Due pesi e due misure. Orarie. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero