Unioni civili, raggiunto l'accordo sull'emendamento del governo

Via la stepchild adoption via l'obbligo di fedeltà ma "salvato" il cruciale riferimento alla «vita familiare». Sono questi i punti principali del...

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Via la stepchild adoption via l'obbligo di fedeltà ma "salvato" il cruciale riferimento alla «vita familiare». Sono questi i punti principali del maxiemendamento del governo al ddl unioni civili. Nel testo, inoltre, si specifica che per lo scioglimento dell'unione civile non è necessario il giudice e si disciplina che, sulle adozioni, «resta fermo quanto previsto dalla legislazione vigente».


Sul maxiemendamento il governo ha annunciato che verrà posta la fiducia. Oggi alle ore 19 nell'Aula del Senato ci sarà la prima chiama sul voto di fiducia. Lo ha deciso, a quanto si apprende, la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama.

Formulazione, quest'ultima, che di fatto permette al ddl di 'non legare le manì ai giudici nel caso in cui, prima che sia varata la nuova legge sulle adozioni, una coppia omosessuale faccia ricorso. L'impianto del ddl Cirinnà è in sostanza mantenuto ma nel ddl si fa qualche passetto in avanti nella distinzione tra unioni civile e matrimonio cercando di tagliare tutti i ponti ai rimandi agli articoli (29-30-31) della Carta che disciplinano il secondo istituto. Messo nero su bianco, il riferimento agli articoli 2 e 3 della Costituzione che riguardano le «formazioni sociali». In caso di scioglimento, inoltre, si prevede che, anche nel caso le parti abbiano manifestato «disgiuntamente» tale volontà, si vada dinanzi «all'ufficiale di Stato civile».


Precisazione questa che, come osservano in Ap, serve a rilevare la natura pattizia dell'istituto. Nel maximendamento, formulato con un unico articolo come per la finanziaria, compaiono inoltre ritocchi a quello che, nel testo iniziale, era l'articolo 3. L'unione, si legge, non comporta obbligo di fedeltà mentre prevede «l'obbligo reciproco all'assistenza morale e materiale e alla coabitazione». Immutato anche il punto sul cognome, in merito al quale si prevede che le parti «possono stabilire di assumere, per la durata dell'unione civile, un cognome comune». Sciolto, infine, lo spinosissimo nodo del comma 4 dell'art. 3 che, nel testo iniziale, prevedeva come le unioni non si applichino al Titolo II della legge sulle adozioni (che disciplina la cosiddetta adozione 'pienà) aprendo, a parere di centristi e Cattodem, le porte alla stepchild. Il rischio, paventato già ieri dalla sinistra Pd, era però che toccando quel punto si limitasse anche la libertà dei Tribunali nel giudicare, caso per caso, i ricorsi inoltrati da coppie omosessuali per il riconoscimento della stepchild. Nel nuovo testo si spiega invece che le norme sulle unioni civili «non si applicano alle disposizioni della legge n. 184 (sulle adozioni, ndr)» e, allo stesso tempo, si specifica: «resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti».
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Il Messaggero