Alla quasi unanimità ma senza raggiungere il quorum del 50%, l'Ungheria ha detto di no per referendum all'obbligo di accogliere profughi per alleggerire il carico...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Secondo Orban, comunque, cambia poco: ribadendo quanto affermato in mattinata dopo aver votato in una scuola elementare del suo quartiere a Buda, il premier ha sottolineato che «l'Ungheria, per primo fra i paesi dell'Ue» e «sfortunatamente» anche l'unico, «ha consultato il proprio popolo» sulle migrazioni. «Oltre 3 milioni di elettori» hanno «rifiutato un sistema di ricollocamento obbligatorio dei migranti»: «Bruxelles dovrà tenerne conto», ha sostenuto annunciando una modifica costituzionale che proporrà lui stesso nelle prossime ore. Insomma «conseguenze giuridiche ci saranno comunque», come aveva annunciato in mattinata. Già questa settimana Orban vuole «condurre negoziati» con l'Ue per ottenere che non sia obbligatorio per l'Ungheria accogliere «il tipo di gente» che «noi non vogliamo», ha aggiunto con implicito riferimento a potenziali terroristi e musulmani. A Bruxelles, dove la consultazione non avrebbe avuto valore anche se il quorum fosse stato raggiunto, Orban troverà un muro: il presidente del Parlamento europeo, il tedesco Martin Schulz, ha definito «un gioco pericoloso» quello del premier ungherese di far votare su decisione da lui stesso avallate in sede comunitaria e riguardanti l'accoglienza solo «solo di circa 1.300 profughi» sui 160 mila che devono essere smistati in partenza da Italia e Grecia. «Vuole che l'Ue possa prescrivere l'insediamento obbligatorio di cittadini non ungheresi anche senza il consenso del Parlamento ungherese?» era il quesito referendario sul quale il governo ha fatto una campagna che l'opposizione ha definito xenofoba e islamofoba. Orban si è speso con toni altisonanti (voto di «significato epocale» non solo per l'Ungheria ma anche per l'intera Unione europea) drammatizzando anche con un impegno a dimissioni in caso di un'impossibile vittoria dei sì.
La sua propaganda in difesa dell'Europa «cristiana» e quella dei suoi uomini più vicini che hanno spesso battuto il tasto del nesso profughi-terroristi, ha pagato dunque solo in parte.
Il Messaggero